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ANPI
Cividale del Friuli

il Reggimento Alpini Tagliamento:
una formazione collaborazionista

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Il tempo offusca i ricordi e le memorie cambiano. Questo assunto, in un Paese come l’Italia che non ha fatto completamente i conti con la sua storia, assume particolare peso. Quando sembrano cauterizzate, le vecchie ferite, frutto degli eventi del ‘900, ricompaiono ad avvelenare la convivenza civile, complice il vento che soffia a destra e della voglia di rivalsa e di riscrittura della storia. Quella riscrittura che parla di “memoria condivisa” nel tentativo di coinvolgere quella parte contro la quale è stata scritta la nostra Costituzione: un’operazione che non si può fare! 
L’ideologia fascista, sconfitta dalla Resistenza e dall’unità della Resistenza ed espressa plasticamente nella Carta Costituzionale, riaffiora in un andamento carsico, ieri nella costituzione di un partito, l’MSI, poi nel neofascismo stragista e oggi nella compagine di Governo che quelle salde radici non vuole recidere, giurando quindi sulla Costituzione, ma con l’obiettivo di  manometterla nel suo contenuto antifascista. 
Nel nostro territorio, il “confine orientale”, il fascismo si è manifestato ai massimi livelli, avendo a disposizione delle minoranze nazionali da “civilizzare e educare” cercando di manomettere, dal punto di vista etnico, una linearità fatta di convivenza, di scambi, di relazioni che nel corso di diversi secoli, nonostante l’avvicendarsi di diverse entità statali, nonostante il territorio sia stato squassato da due guerre mondiali, dai contrasti dettati dal nazionalismo e dall’opera di organizzazioni che hanno impedito lo sviluppo politico democratico, si era e si è mantenuta.
Secoli di convivenza, di scambi, di permeabilità. C’è però chi vive tutt’oggi questa diversità come un conflitto e non come uno scambio, un valore, vive la nostra realtà come una frontiera opposta a un nemico: invasore, barbaro, slavo, comunista … 
L’idea d’Europa, fondata sugli ideali di pace, solidarietà e convivenza, è in crisi ovunque e anche nelle nostre zone, dove restano a monito di un pesante passato i segni del dopoguerra militarizzato: polveriere, caserme, bunker: opere ora dismesse, in stato di abbandono e degrado, ma che descrivono “il deserto dei Tartari” nel quale taluni vogliono tuttora rimanere arroccati, dove si ripropongono i confini presidiati dalle forze di polizia e, perché no, anche dagli eserciti.
È qui da noi che questa interpretazione distorta delle relazioni tra cittadini e popoli contermini è più presente e consente situazioni come quella che, da alcuni anni, si verifica successivamente alla Cerimonia indetta dal Comune di Cividale del Friuli, che ricorda la Liberazione di Cividale il 1° maggio 1945. Liberazione avvenuta a opera delle sole formazioni partigiane italiane, osovani e garibaldini, e delle formazioni partigiane slovene alleate. 
Un’associazione che rappresenta i reduci e simpatizzanti del “Reggimento alpini Tagliamento” depone una corona al cippo che ricorda i Caduti per la Liberazione del 1° maggio 1945 a Cividale. Un reggimento, come vedremo, che ha ben poco di “alpino” e che porta in sé ben presente il DNA fascista o, più precisamente, nazifascista!
Premettiamo subito che la deposizione di fiori, corone, omaggi floreali in memoria di persone decedute è legittima e anzi opportuna da parte di chiunque, ma chi lo fa non può esplicitamente richiamarsi a organizzazioni fasciste: in primis per onore ai Caduti per la Libertà e in secondo luogo per rispetto della nostra Costituzione e inoltre per onore dei fatti storici.

La nascita del reggimento.
Il “Reggimento alpini Tagliamento” nasce per iniziativa di Ermacora Zuliani, che al momento dell’Armistizio del settembre 1943 si trovava nel Lazio: iscritto al Partito Nazionale Fascista (PNF) dal 1920, Squadrista, partecipe della Marcia su Roma, Sciarpa littorio, Volontario in Spagna (dove si merita alcune medaglie), Console della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (nella MVSN i gradi militari non corrispondevano a quelli dell’esercito), già Podestà di Magnano in Riviera (sua città natale), Segretario del locale Fascio, membro della federazione fascista dal 1926, membro del Direttorio Federale, combattente in Russia con la 63^ Legione Camicie Nere (CC.NN.) “Tagliamento”. Dopo aver rassicurato del suo appoggio l’occupante tedesco, riceve il salvacondotto da parte del Comando delle truppe germaniche del Feldmaresciallo Kesserling a Frascati, per raggiungere Udine al fine di costituire la formazione collaborazionista dell’occupante nazista denominata “Gruppo Tagliamento”, della consistenza di circa 500 uomini.
Qui v’è la prima confusione: il giuramento avviene nella ex caserma degli alpini “Giovanni Di Prampero” a Udine, sede, fino all’Armistizio, dell’8° Reggimento alpini. Giurano in una ex caserma degli alpini ma non sono alpini. Questa formazione collaborazionista inoltre non va confusa con il battaglione alpini “Val Tagliamento” del regio esercito, impiegato sul fronte greco-albanese e balcanico e rientrato decimato in Friuli dopo la disastrosa campagna di Russia. Questo battaglione di alpini mantenne la denominazione “Val Tagliamento” e, nel luglio del 1943, la variò in battaglione “Tolmezzo”. Il battaglione alpini “Val Tagliamento”, in seno alla Brigata alpina Julia, fu poi ricostituito, nell’esercito della Repubblica italiana, il 1° luglio 1963.
 
compiti di polizia al soldo dell'occupante tedesco
Il “Gruppo Tagliamento”, cioè il reggimento collaborazionista di Zuliani, raccoglie i residui della 55^ Legione CC.NN. da Montagna “Friulana” e della 63^ Legione CC.NN. “Tagliamento”. Quest’ultima aveva combattuto nella guerra di aggressione all’Unione Sovietica ed era rientrata, decimata in Patria, dopo la disfatta del Corpo di Spedizione Italiano in Russia (CSIR). 
Le legioni CC.NN. citate appartenevano alla MVSN, che affonda le sue radici nella milizia politica (squadristi e similari), la cui costituzione è annunciata da Mussolini il 28 dicembre 1922. L’arruolamento avveniva su base volontaria. Nel caso del nuovo “Gruppo Tagliamento”, costituitosi dopo l’annessione della nostra regione al Terzo Reich e da allora denominata Operationszone Adriatisches Küstenland (OZAK), si tratta di un reparto che svolge compiti di polizia al soldo dell’occupante tedesco sotto il comando dello Standartenfürer der SS Polizei di Udine.
Il 17 novembre 1943, abbiamo l’ulteriore prova della sudditanza e del collaborazionismo di questa formazione militare: Odilo Globocnik, Comandante superiore delle SS e della Polizia per l’OZAK, già supervisore per i campi di sterminio polacchi di Belzec, Sobibor e Treblinka, ordina di modificare la denominazione di “Gruppo Tagliamento” in “Reggimento Volontari Friulani Tagliamento”. Con ciò vuole anche ribadire che l’arruolamento a quel reparto è su base volontaria.
A seguito della chiamata obbligatoria alle armi per le classi 1923, 1924 e 1925, firmata il 22 febbraio 1944 e diffusa il 5 marzo 1944 dal Commissario supremo dell’OZAK Friedrich Reiner, il “Reggimento Volontari Friulani Tagliamento” mutò la propria denominazione in “Reggimento Alpini Tagliamento”. In virtù del bando obbligatorio (evidentemente i volontari non affluivano più in maniera sufficiente a mantenere in efficienza il reparto) raggiunse la consistenza di tre battaglioni formati da circa 450 uomini ciascuno. C’è da dire comunque che anche queste misure di costrizione non ottengono il risultato sperato in termini di mobilitazione: molti giovani non si presentano e molti di quelli che si presentano diserteranno nei mesi successivi.
Dal 24 aprile 1944, il Comando del Reggimento, insieme alla Compagnia Comando Reggimentale, ai reparti amministrativi e di supporto si trasferì da Udine a Cividale.
Il Reggimento si distinse in azioni di repressione anti partigiana soprattutto nella zona di Tolmino, oltre naturalmente ad essere ben a conoscenza delle numerose fucilazioni che avvenivano nella caserma di Cividale.

la ritorsione verso tre traditori
Il calante consenso verso il nazifascismo però esponeva il reparto a numerose diserzioni (se ne registrano 56 nel solo giorno del 2 luglio 1944), tant’è che il 26 luglio Zuliani propose al Comandante tedesco delle SS Tauss a Tolmino quella che doveva essere la misura della ritorsione verso tre traditori che avevano collaborato con i Partigiani nell’agguato a un comandante  di una sua compagnia ed erano poi fuggiti dall’unità: si trattava di bruciare le loro case, fucilare un uomo per ogni famiglia e incarcerare gli altri membri della famiglia. Repressione verso italiani proposta da un italiano che l’occupante tedesco non si sentì di avallare… stupisce anche per questo che questi collaborazionisti si considerino patrioti.
Il Reggimento, si distinse in queste nostre zone per arresti, fucilazioni sommarie, violenze e torture contro partigiani e civili. Nell’ambito delle violenze particolarmente attiva fu la “Banda Spollero”, dal nome del Capobanda Olinto Spollero da Campeglio di Faedis. Questa “Banda” operò con azioni essenzialmente criminali, spesso travestendosi da partigiani. Questi fatti sono documentati nelle carte processuali della Corte d’Assise straordinaria di Udine, dove le imputazioni sono per violenza ingiustificata contro i civili, per sparatorie avvenute nelle scorribande a Remanzacco, dove fu colpita una innocente donna, Caterina Fadoni, in stato di gravidanza (ricoverata in ospedale per oltre tre mesi, perse il nascituro), le rapine a mano armata come quella al negozio di generi alimentari gestito da Autman Giuseppe a San Pietro al Natisone o la barbara esecuzione, sempre a San Pietro al Natisone, del Partigiano Edoardo Sturm, prelevato da elementi della “Banda” dalla cella nella quale era detenuto, condotto sulla strada e ucciso con un colpo di pistola alla nuca. Questi alcuni fatti accaduti qui, tralasciando le atroci violenze commesse in Slovenia.
Neppure i propri commilitoni, sospettati di favorire la causa partigiana, si sottrassero alle violenze di questi militi fascisti. Ne fece le spese, ad esempio, l’allievo ufficiale Di Bert. Scoperto mentre sabotava le armi del reparto (crimine che il Tribunale di guerra avrebbe sicuramente condannato severamente, istruendo un processo prima di comminare la pena), fu immediatamente ucciso a pugnalate e il suo corpo gettato nel fiume Vipacco.
Inoltre, alcuni componenti della Banda, tra i quali il capobanda Spollero, si resero latitanti nel dopoguerra, ma ancora per tutto il 1945 si registravano episodi che li vedevano presentarsi minacciando, armi alla mano, i famigliari di alcuni Partigiani.

l'amnistia di Togliatti
A fronte di tutto ciò, già il 22 giugno del 1946, appena dopo la proclamazione della Repubblica, il ministro di Grazia e Giustizia, il comunista Togliatti, emanava una legge che concedeva l’amnistia ai fascisti per gran parte dei reati, con l’intento di pacificare la Nazione reduce da una guerra civile e che necessitava di una grande opera di ricostruzione materiale, sociale e morale. L’intento non era di gettare oblio su fatti criminosi ma quello di non avere, forse ingenuamente, un atteggiamento persecutorio e di guardare al futuro voltando pagina. Tant’è che i processi pendenti a carico dei responsabili di crimini furono di fatto estinti. Quindi non vi fu affatto persecuzione, ma invece eccesiva indulgenza il che significa, considerato a posteriori, non aver fatto i conti definitivamente con quel passato. Quando Togliatti e i comunisti usciranno dal Governo nel maggio del 1947, a essere ancora processati saranno i Partigiani. Nel periodo nel quale si collocava la lapide al Rugo Emiliano, a dieci anni dalla Liberazione, in arresto preventivo e in attesa di processo c’erano ancora migliaia di Partigiani, mentre venivano liberati personaggi come Amerigo Dumini, dopo essere stato condannato nel 1948 a 30 anni di reclusione dalla Corte d’Assise di Roma per l’omicidio dell’Onorevole Giacomo Matteotti. Questo fatto la dice lunga sulla volontà di certe parti politiche, che nel corso dei decenni hanno cercato di mettere in oblio e gettare fango sulla Resistenza e che hanno operato e operano per stravolgere la nostra Costituzione. Sul tema dell’antifascismo persistono, pur rappresentando le Istituzioni democratiche, a rappresentare una volontà divisiva e di rivalsa rispetto ai fatti della Storia.

gli alpini mandati amorire sui vari fronti
Onestamente cosa si trovi dello “spirito alpino” in tutto ciò che ha compiuto questo “Reggimento alpini  Tagliamento” faccio enorme fatica a trovarlo, considerando che le truppe alpine del nostro Regio esercito erano in grandissima parte composte da giovani di leva, mandati a morire sui vari fronti che le guerre di aggressione della Monarchia e del Fascismo avevano scatenato contro altri Paesi. In particolare in Grecia, in Jugoslavia, in Russia il nostro esercito occupante lasciò migliaia e migliaia di giovani vite oltre a procurare inaudite sofferenze alle popolazioni occupate.  Quelli che sopravvissero, quando non invalidi per ferite, congelamento o malattie contratte, dopo l’otto settembre o furono deportati in Germania come Internati Militari Italiani (IMI) oppure passarono nelle file della Resistenza o, come nel caso dell’intera Divisione alpina Taurinense, combatterono in Jugoslavia alle dipendenze dell’esercito di Liberazione di Tito.

A San Pietro al Natisone l'incontro per decidere lo9 scioglimento
Il Console della Milizia Zuliani il 16 dicembre 1944 diventa Colonnello dell’esercito della RSI con decorrenza settembre 1943.
Arriviamo agli ultimi giorni di guerra, tralasciando l’uccisione e la deportazione in Germania di Partigiani e civili, italiani e stranieri, avvenuta nei lunghi mesi della collaborazione di questo Reggimento col nemico, allorché due dei tre battaglioni del Reggimento dalla Val Bacia (Baca) e dall’alto Isonzo muovono nella notte del 28 aprile, per raggiungere il giorno successivo la località di Spignon, passando da San Pietro al Natisone (dove si era trasferito il Comando).
Nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio i due battaglioni si sistemano nell’Istituto Orfani di Rubignacco, frazione di Cividale del Friuli. Tre giorni prima, il 27 aprile, su iniziativa dello stesso Zuliani (che aveva contatti con i vertici dell’Osoppo), vista l’inevitabilità della sconfitta, a San Pietro al Natisone si tiene un incontro con i rappresentati Partigiani dell’Osoppo e della Garibaldi, nel quale si concordava lo scioglimento del reparto e la consegna delle armi. Di fatto uomini e armi non furono mai consegnati ai garibaldini e il grosso della formazione rimase acquartierato all’Istituto Orfani di Rubignacco.
Un’aliquota del Reggimento (173 uomini), a liberazione della città quasi completata, inquadrato con i partigiani dell’Osoppo e insieme ai garibaldini, collaborò all’ottenimento della resa degli ultimi tedeschi asserragliati nella caserma “Principe di Piemonte”. Forti della comune militanza, valida fino a poche ore prima, il Tenente Squadrelli del disciolto “Reggimento Alpini Tagliamento” chiede di parlamentare col comandante tedesco, ma i tedeschi non vogliono arrendersi senza combattere per cui “si concordò di arrendersi dopo una scaramuccia” che comunque fece delle vittime, Gino Sturam (garibaldino) e Luciano Della Pietra (ex milite), ma consentì anche ai “tedeschi”, di fatto, di prendere ulteriore tempo per distruggere gli incartamenti, le carte compromettenti che avrebbero fatto maggior luce sulle numerose fucilazioni, di cui a tutt’oggi s’ignora la reale consistenza, e sulla collaborazione tra tedeschi e fascisti. Le esumazioni alle “Fosse del Natisone” effettuate post conflitto accertarono la presenza di 105 cadaveri.
 
a Ermacora Zuliani la qualifica di capitano
Ermacora Zuliani, a guerra finita, viene arrestato ed è uno dei numerosissimi fascisti che già nel 1946 sono liberi grazie dell’amnistia Togliatti.
Il suo foglio matricolare riporta, in data 9 giugno 1945, l’annotazione di collocazione in congedo con decorrenza 8 settembre 1943 in quanto aderente alla RSI.
Il 2 maggio1955, quando ancora molti Partigiani, come già ricordato, erano discriminati e sotto processo con l’accusa di “tradimento”, Ermacora Zuliani viene nominato Capitano “con anzianità assoluta e decorrenza degli assegni dal 1 gennaio 1943” e il 5 settembre 1955 gli viene conferita la qualifica di 1° Capitano con decorrenza 1 gennaio 1955.
Inoltre, a dispetto della concordata “scaramuccia” alla caserma, vi fu un caduto Partigiano e un caduto per la Libertà, ex milite del Reggimento Tagliamento, che l’Osoppo mette tra i suoi caduti Partigiani.  Lo sfregio è che i reduci fascisti del “Reggimento alpini Tagliamento” lo mettono, questo giovane disgraziato Della Pietra, tra i caduti della RSI contro formazioni “slave”, il 1° maggio, quando il Reggimento è di fatto sciolto da almeno tre giorni e si combatte contro i tedeschi asserragliati nella caserma.
C’è da rilevare la presenza, nei giorni della liberazione, anche dei partigiani sloveni dell’Osvobodilna Fronta (O.F. il Fronte di Liberazione Sloveno), presenza testimoniata da Giuseppe Osgnach “Josko”, Isidoro Pauletig, Paolo Petricig, Mario Ellero e da Franjo Bavec.
In ogni caso, in questi frangenti, non si registrano atti di violenza contro la popolazione e neppure tensioni tra formazioni partigiane di vario orientamento (fatta salva la “normale” diffidenza). Del resto le testimonianze fotografiche di quei giorni mostrano partigiani sloveni, osoppani e garibaldini e popolazione civile presenti alla cerimonia d’accoglienza del Sindaco Brosadola al I° Governatore inglese in un contesto sereno.
Si sorvola in questa fase su tutte le domande e le contraddizioni che nascono dalla lettura delle varie versioni/testimonianze e complessivamente dall’intera vicenda a partire dalla legittimità dell’operazione compiuta dalla Osoppo ad opera dei sui rappresentanti locali Specogna, Petracco, Cicuttini nell’accordarsi con i collaborazionisti del “Reggimento alpini Tagliamento”: non arrestando i graduati, lasciando (e anzi sollecitando) gli uomini a mantenere le divise, lasciando che riconosciuti criminali (Banda Spollero) si dileguassero, non rispettando gli accordi con i garibaldini (spartizione armi). Ricordiamo che questi accordi, Tagliamento-Osoppo, secondo Tarcisio Petracco, erano già stati definiti il 18 aprile 1945 e che le brigate partigiane garibaldine combattevano già duramente per la liberazione della Città dal 28 aprile, combattimenti che in quei giorni costarono la vita a ben 12 Partigiani.
Alla Liberazione di Cividale parteciparono anche elementi dell’Osoppo, la quale (sono le parole del prof, Paolo Rieppi comandante delle SAP che liberarono Cividale) “aveva una consistenza molto esigua. Quel giorno alla sfilata (dopo la liberazione della città) ci saranno stati una ventina d’osovani”, la qual cosa corrisponde a tutte le relazioni e memorie dell’epoca, a partire da quella di Don Antonio Cuffolo

Le parole del prof. Rieppi.
Il prof. Rieppi chiarisce ulteriormente: “quando il 2 maggio è sfilata per Cividale anche l’Osoppo, con in testa il comandante della VII Brigata vidi, dietro di loro, venivano anche militi repubblichini con il fazzoletto verde”. È chiara l’operazione di uno dei fondatori di Gladio: dimostrare una consistenza numerica maggiore della realtà per impressionare. Non solo ma lo stesso Tarciso Petracco riferisce: “Aveva (Zuliani ndr) 350 uomini a San Pietro, ai quali dovevano aggiungersi gli altri due battaglioni del suo reggimento “Tagliamento”, i 400 di Tolmino e Caporetto: per un “no”(all’accordo con l’Osoppo, ndr) in quel momento saremmo rimasti i 25 che eravamo;”
L’inquadramento d’interi reparti fascisti nelle file partigiane era espressamente vietato dalle disposizioni del Corpo Volontari della Libertà e del Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia, come pure sarebbe controversa la qualifica di Partigiano o Patriota a qualsiasi appartenente di questo reggimento collaborazionista. 
 
Voglio ora documentare la sfrontatezza nel affermare le proprie origini e la propria identità da parte di questi “reduci”: nella contro-cerimonia di apposizione della corona al cippo dei Caduti per la Libertà il 1° maggio 2024 (post cerimonia ufficiale organizzata dal Comune di Cividale con la partecipazione della locale sezione ANPI), era presente il labaro della “Legione Tagliamento – Reduci di Russia 1941- 1943” sul puntale dell’asta riportava la sigla M.V.S.N. e ostentava il fascio littorio come si può ben vedere nella fotografia qui a fianco:

Le croci di ferro del 1939
Inoltre il labaro del “Reggimento alpini Tagliamento”, che “scimmiotta” il labaro degli alpini dell’Associazione Nazionale Alpini (ANA), riporta, tra le varie decorazioni, tre “Croce di Ferro” del 1939 naziste. Nella fotografia che qui riproduciamo (del 1 maggio 2023) si vedono bene le svastiche presenti al centro della medaglia. 
  
A seguito di nostra pubblica segnalazione le “Croce di Ferro”, nella cerimonia del 2024, sono state sostituite.
  
Come si può notare la svastica è sparita perché le “Croce di Ferro” non sono più quelle della guerra del 1939 rilasciate dal Terzo Reich nazista, ma sono state sostituite dalla “Croce di Ferro” del 1813, decorazione militare istituita dal Kaiser di Prussia, Federico Guglielmo III di Hohenzollern, consegnata per fatti di guerra riguardanti le guerre napoleoniche e le guerre franco-prussiane! 
Stupisce inoltre che alla cerimonia fossero presenti, ad onorare queste formazioni nostalgiche nazifasciste, le forze dell’ordine della Repubblica Italiana.
Come abbiamo dimostrato, questa formazione militare collaborazionista non ha nulla a che vedere con il corpo degli alpini. Non ci risulta infatti che sia un reggimento riconosciuto dall’ANA, anche se alcune sezioni partecipano con i simboli sezionali e pubblicizzano la contro-manifestazione del 1° maggio a Spignon e Cividale. 
A dimostrazione di quanto siano lontani gli ideali dell’ANA da queste associazioni di nostalgici fascisti, la Sede nazionale dell’ANA ha organizzato, nell’ottantesimo della Liberazione e nella giornata nazionale degli alpini il 26 gennaio 2025, una interessante conferenza a Varese su “Alpini ribelli – le penne nere nella Resistenza 1943-1945”, a presentazione dell’omonimo volume, colmando con ciò, anche se parzialmente, una lacuna, un vuoto che merita ulteriori contributi e approfondimenti, ma che finalmente vuole affermare il contributo degli alpini, diventati Partigiani, alla Lotta di Liberazione.

--nota della redazione: l'articolo proposto in questa pagina è
--stato pubblicato in tre puntate sul Novi Matajur, settimanale
--della minoranza slovena in Provincia di Udine.

Cividale del Friuli, 24 giugno 2025

Luciano Marcolini Provenza

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