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ANPI
Cividale del Friuli

Porzûs e un'intervista
sul Novi Matajur

- niente di nuovo sul fronte orientale -

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Il giorno 28 marzo 2025 a San Pietro al Natisone è stato presentato il libro di Tommaso Piffer "Sangue sulla Resistenza - storia dell'eccidio di Porzûs".
Proponiamo in questa pagina la lettera che Luciano Marcolini Provenza, Presidente della Sezione ANPI di Cividale del Friuli, ha inviato al Novi Matajur dopo la pubblicazione (NM - n. 13 del 2 aprile 2025) dell'intervista che il Direttore Michele Obit ha fatto a Tommaso Piffer in occasione della presentazione di cui sopra.

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Leggendo il nuovo libro del prof. Tommaso Piffer “Sangue sulla Resistenza. Storia dell’eccidio di Porzûs” viene in mente, parafrasandolo, il titolo del famoso romanzo di Eric Maria Remarque: nulla di nuovo sul fronte orientale!
La tesi resta sostanzialmente la medesima già argomentata nel precedente volume a cura dello stesso autore “Porzûs. Violenza e Resistenza sul confine orientale”: la delegittimazione della Resistenza di matrice comunista, accusata a livello continentale, di aver attuato o tentato di attuare, manu militari, la manipolazione e l’egemonizzazione della Resistenza nel suo complesso, eliminando fisicamente i concorrenti.
L’eccidio di Topli Uork (questo il vero nome della località universalmente conosciuta come malghe di Porzûs) pare la tempesta perfetta per accusare frontalmente, è il caso di dirlo vista anche l’immagine utilizzata in copertina, il Comando della “Garibaldi Natisone” che, all’epoca dei fatti (febbraio 1945) si trovava nella zona di Circhina attualmente in territorio delle Repubblica di Slovenia.
Rispetto alla precedente tesi si ridimensiona la presa sul ruolo svolto dai partigiani sloveni dell’Osvobodilna Fronta e dal PC d’I e si accusa delle uccisioni direttamente una parte fondamentale della Resistenza friulana e cioè i garibaldini in generale e in particolare il Comando della “Garibaldi Natisone”. L’intento è duplice: indicare come esclusivamente e compattamente comunista la componente garibaldina e accusarla di voler spaccare la Resistenza friulana disconoscendo il ruolo svolto dai CLN locali e dal CLNAI.
Altra cosa è riconoscere che in seno alla Resistenza vi furono anche contrasti e conflitti che sfociarono in episodi di violenza e uccisioni da parte dell’una o dell’altra parte nell’ambito però di una linea politico-militare unitaria perseguita proprio da quei comandi ai quali si attribuisce l’opposto.
E’ utile sottolineare la situazione delle formazioni partigiane nel periodo settembre-dicembre 1944 nel Friuli orientale. A seguito della grande offensiva scatenata dai nazi-fascisti per porre fine all’esperienza della Zona Libera del Friuli orientale, alle feroci rappresaglie sulle popolazioni e sui paesi del territorio, le formazioni partigiane si trovavano in gravi difficoltà e riparate nelle Valli del Natisone/Benecija. A questo periodo si fa risalire la necessità di trasferimento oltre il fiume Isonzo della “Garibaldi Natisone” che rischiava la distruzione del proprio potenziale militare e umano.
In aggiunta alla già grave situazione con un rigido inverno incombente, nel novembre 1944, viene diramato il “Proclama Alexander”, stranamente l’autore non lo cita mai nel libro, ma questo proclama del Maresciallo alleato ha carattere di ulteriore forza propulsiva per il trasferimento dei Partigiani oltre l’Isonzo, trasferimento approvato  dal CLNAI.
Le tre brigate della Divisione, Buozzi, Gramsci e Picelli, attuano il trasferimento a fine dicembre 1944 e nei primi giorni del 1945. La notte tra il 1 e il 2 gennaio 1945 la brigata Picelli è vittima di un agguato sulla passerella che attraversa il fiume Baca perdendo circa 40 effettivi (17 caduti sul posto e gli altri feriti e/o arrestati); il 16 gennaio altri 6 Partigiani della brigata Picelli vengono uccisi a Bukovo e il 21 gennaio 24 Partigiani della brigata Gramsci cadono vittime di una imboscata nella stessa località. Questo avviene nelle prime tre settimane della permanenza della "Garibaldi Natisone" nel territorio di Circhina!
La pressione sulle formazioni partigiane italiane e slovene da parte delle truppe nazi-fasciste e delle bande collaborazioniste era continua, spietata e senza quartiere. La presenza di ampie zone sotto il controllo partigiano era fonte di grande preoccupazione per le manovre di sganciamento dal teatro balcanico delle divisioni tedesche incalzate dall’Esercito di Liberazione di Tito.
All’epoca la lotta contro i Partigiani era quindi feroce e il loro primario obiettivo era la sopravvivenza. Il 16 dicembre 1945 il diario storico della Divisione d’Assalto “Garibaldi Natisone” riporta la seguente nota: “I reparti sono in condizioni di vestiario pessime e gravissimo è il problema per l’alimentazione”.
Ho forti dubbi che la priorità per il Comando della “Garibaldi Natisone” fosse l’eliminazione del presidio osovano di Topli Uork composto da una ventina di persone.
Per motivi di spazio non posso qui elencare tutte le incongruenze e i dubbi che fanno vacillare la tesi del prof. Piffer ma voglio ricordare una questione che riguarda Cividale del Friuli e cioè la messa in discussione di un atto pubblico che certifica la morte dell’osovano Erasmo Sparacino per mano dei tedeschi alle “Fosse del Natisone”. Contestazione di cui evidentemente l’autore si sente di assumere la responsabilità visto che non viene prodotta documentazione inequivocabile a supporto di questa ipotesi.
Una grave mancanza è costituita da non aver approfondito il ruolo svolto, oltre che dai partigiani, dagli altri attori in campo: tedeschi, cosacchi, italiani del Regno e repubblichini, sloveni, britannici e americani. Soprattutto si dimenticano i ripetuti tentativi da parte garibaldina di unificare i comandi delle formazioni della Resistenza partigiana, tentativi testimoniati anche da parte osovana dalla componente del Partito d’Azione.
Forse però indagare anche su questi aspetti avrebbe reso meno credibile la tesi sugli intenti egemoni e violenti dei garibaldini. L’autore si conforma così alla tesi di un'associazione che rappresenta una parte della Resistenza e che solo quella parte vuole legittimare.
In conclusione, a questo proposito, mi vengono in mente le parole pronunciate molti anni fa da Gino Lizzero “Ettore” Capo di Stato maggiore della “Garibaldi Natisone” che con il pathos di una persona che aveva vissuto la Lotta di Liberazione affermava:
“Con il singolo, lugubre nome di Porzûs, s’intende forse annullare l’immagine esaltante della Resistenza friulana? Si vuole allora dimenticare l’opera rischiosa e sagace di direzione politica unitaria e pluralista, antifascista, dei Comitati di Liberazione Nazionale? Dimenticare la realizzazione delle Zone Libere della Carnia e del Friuli orientale con gli innovativi ordinamenti e provvedimenti democratici adottati? L’eliminazione dei presidi nemici da parte di giovanili formazioni volontarie, armate soprattutto di coraggio, di entusiasmo e ansia di libertà? La distruzione e l’incendio di paesi e villaggi, la deportazione di intere popolazioni per il sostegno assicurato alla lotta ineguale? I campi di concentramento e di sterminio? Le grandi battaglie di Gorizia e Peternel, il miracolo organizzativo dell’Intendenza Montes? Il colpo per la liberazione dei prigionieri alle carceri di Udine, unico per audacia e ardimento? Gli innumerevoli episodi di valore e dedizione, di patimenti e di rinunce? Le vittime dell’Inganno di Malga Pramosio e Paluzza, la strage di Torlano e di Avasinis, gli arsi vivi di Costalunga, i fucilati di Cividale, Gemona, Pradamano, Tricesimo, Sutrio, al cimitero e alle carceri di Udine, i deportati di Corno di Rosazzo, gli impiccati di Premariacco e San Giovanni al Natisone, il lamento dei torturati alla caserma “Piave” di Palmanova, gli abbattuti alle “Fosse del Natisone”, il leggendario guado dell’Isonzo, in pieno inverno, di migliaia di combattenti laceri e affamati, l’agguato sul fiume Baccia, le marce estenuanti e il gelo, la fame e la neve, i combattimenti protrattisi per mesi sull’altopiano di San Vito, a Chiapovano, a Voschia, Cima Sebreglie, sul monte Blegoš, nella selva di Tarnova e sulla Bainsizza e i mille caduti e dispersi della Divisione del Comandante Sasso, alla cui memoria eleviamo un commosso pensiero; e ancora la liberazione delle nostre città prima dell’arrivo degli alleati e il grande titolo d’onore della Resistenza friulana per aver iniziato prima e concluso per ultima la sua battaglia?”

Cividale del Friuli, 5 aprile 2025

Luciano Marcolini Provenza

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