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Questa è la storia di partigiani e contadini che salvarono
un gruppo di aviatori alleati precipitati in Friuli. La ricostruzione,
grazie a ricerche e coincidenze, di un fatto avvenuto nei dintorni
di Cividale, provincia di Udine, allora sotto diretta occupazione
tedesca. Cominciò tutto nel 2010 con una lettera inviata
alla locale sezione Anpi dal signor John Hatch, residente in
Australia. Nella missiva si chiedevano informazioni riguardo
a un bombardiere statunitense B-24 precipitato il 15 dicembre
1944. Su quellareo cera suo padre Lynn W. Hatch,
che si salvò lanciandosi con il paracadute e venne soccorso
e curato, e poi aiutato a raggiungere il Sud Italia libero.
Questa è una storia di solidarietà, di fortunate
coincidenze e di ricerca. Per me inizia una cinquantina danni
orsono. Al tempo ero un ragazzino che spesso con la mamma, la
domenica, si recava a trovare la zia coniugata e trasferitasi
da Cividale del Friuli in un borgo della pianura friulana: Medeuzza
di San Giovanni al Natisone in provincia di Udine. Qualche nostro
lettore più in là con gli anni forse conosce queste
località del Friuli, nel Nord-Est del nostro Paese per
aver svolto qui il servizio militare. Il territorio era infatti
colonizzato da servitù militari.
In prossimità del paese di Medeuzza esisteva una enorme
polveriera, ora dismessa si spera in perpeetuum, che
ha lasciato il segno nel paesaggio agricolo. Oltre alla presenza
delle strutture militari nel decennio 70 del secolo scorso
ha il suo massimo sviluppo una fiorente attività di manifattura
del legno, tantè che larea compresa nel triangolo
formato dai Comuni di Manzano, San Giovanni al Natisone e Corno
di Rosazzo, venne denominata Triangolo della sedia.
Praticamente
ogni famiglia di questo territorio, in qualche forma, lavorava
per questindustria, nei numerosi capannoni, ora in gran
parte dismessi, o nelle proprie abitazioni. In casa, nel cortile,
nelle stalle non più utilizzate per il bestiame, venivano
svolti, prevalentemente da donne e a cottimo, lavori di rifinitura
come per esempio limpagliatura della seduta delle sedie.
Questa industria della sedia, al pari delle servitù militari,
ha segnato il territorio in maniera indelebile. La sua fortuna
nelle nostre zone dipendeva in gran parte dalla tradizionale
laboriosità del friulano, una vocazione derivata anche
dal desiderio di riscatto di unarea economicamente depressa,
che si traduceva nel dedicare tutto il tempo e le risorse familiari
al lavoro. La situazione si modifica sul finire del secolo scorso,
quando le strategie militari ed economiche cambiano radicalmente.
La situazione politica internazionale, della quale il Friuli
è stato spesso ostaggio, porta alla dismissione e allabbandono
di gran parte delle servitù militari che avevano fortemente
penalizzato lo sviluppo della regione.
La progressiva apertura dei mercati produce una concorrenza per
lindustria locale della sedia, una fortuna, come si diceva,
basata prevalentemente sul costo del lavoro e ne determina quindi
limplosione. Restano in vita solo le poche ditte che hanno
puntato, nel corso degli anni, sulleccellenza e su un mercato
délite. In entrambi i casi restano sul territorio
i segni delle dismissioni: caserme, bunker, polveriere e aree
artigianali in stato di abbandono. Strutture in gran parte ora
in carico ai Comuni che sono chiamati a riscrivere il territorio,
come in un palinsesto, con nuove proposte di recupero contando
su scarni bilanci, altrettanto scarse e confuse idee e in costanza
della grande crisi demografica delle periferie.
La domenica era allora lunica giornata di libertà
dal lavoro. Per me queste noiose domeniche si svolgevano in maniera
sempre uguale: quando si arrivava a casa della zia, questa aveva
già acceso il fuoco utilizzando gli scarti di legno delle
numerose segherie della zona e laria era già satura,
a seconda delle stagioni, degli odori delle pietanze in preparazione
sul fornello: brovada e musèt, minestron, bombardins,
spezzatino di carne con patate, liudric cu lis fricis
Alle undici era obbligo partecipare alla Messa nella chiesa parrocchiale
di San Leonardo Abate, pena essere additati dallintera
comunità paesana. Alla fine della Messa, una quota di
uomini assisteva dallesterno al rito, quasi
tutti gli uomini si ritrovavano a bere un taglietto
allosteria del paese prima del pranzo. Il pranzo, come
sintuisce dal menù descritto, possedeva la caratteristica
calorica di sostenere limpegnativa attività che
una volta si svolgeva nei campi. Dopo il pranzo e una breve pennichella,
per gli uomini iniziava il tour domenicale fatto di tappe nelle
osterie e frasche della zona, dove i bicchieri di blanc
o neri si sprecavano, eventualmente tamponati da qualche
fetta di salame, formaggio, polpette o uova sode. Il rientro
a casa risultava per gli avventori spesso barcollante. Nel frattempo,
a tramonto ormai avvenuto, le donne avevano riassettato la casa
e preparato la cena, anche la domenica per loro era giornata
di lavoro.
La mia giovane età e la condizione di maschio mi esponevano
a essere ostaggio, affidato dalle donne di casa allo zio, con
finalità contenitive, nella vaga speranza che il rientro
a casa venisse anticipato o quantomeno che i taglietti
ingurgitati fossero di numero ridotto: strategia illusoria che
considerava la presenza di un ragazzino come una sorta di freno,
di palla al piede, alla liquida socialità dosteria.
In una di queste uscite, tra i vari discorsi degli uomini adulti,
sentii parlare di un bombardiere alleato che durante il periodo
della guerra era caduto proprio nei pressi dellosteria
del paese nelle campagne tra Medeuzza e Chiopris-Viscone. Laereo
cadendo con notevole frastuono aveva tranciato le linee elettriche
e attirato gli abitanti verso il luogo dellimpatto. I paesani,
prima che arrivassero i tedeschi, cercarono qualcosa da recuperare
tra i rottami dellaereo ma trovarono solo delle casse contenenti
delle strisce metalliche che, con ogni probabilità, venivano
utilizzate, lanciandole dal velivolo, per confondere i radar
nemici.
Questo è emerso dalla mia memoria quando, nel 2010, la
nostra sezione Anpi di Cividale del Friuli ricevette dal signor
John Hatch, residente in Australia, una lettera. Hatch chiedeva
alcune informazioni riguardo a un bombardiere statunitense B-24
precipitato in Friuli il 15 dicembre 1944. Nella lettera ci informa
che il padre Lynn W. Hatch, faceva parte dellequipaggio
di quellaereo e che si salvò lanciandosi con il
paracadute e atterrando nelle campagne tra Udine e Cividale.
Fu soccorso da 15-20 partigiani italiani che lo liberarono
dal paracadute e gli dissero in quale direzione scappare per
non essere catturato dai tedeschi. Gli procurarono una bicicletta
e anche una guida italiana. (
) Lì incontrò
il partigiano Aldo Maroni che parlava inglese e che aiutava i
piloti americani e britannici dopo che i loro aerei erano stati
abbattuti. I partigiani gli procurarono cibo, coperte, paglia
e anche abiti civili.
Dopo 60 giorni e un lungo percorso venne imbarcato a Zara sulla
nave Belvoir (un cacciatorpediniere di scorta britannico) e portato
in salvo nel Sud Italia liberato. Le informazioni che il
signor John ci dava erano scarne ma già allora ci fu chi
ricordò qualcosa. Il professor Aldo Colò, raffinato
pittore cividalese e giovane partigiano allepoca della
caduta del velivolo, mi raccontò che effettivamente si
ricordava di aver visto in quella data un aereo coi motori in
fiamme e dei paracadute che scendevano. In aiuto documentale
trovai nella pubblicazione La morte viene dal cielo. I
bombardamenti sul Friuli 1940-1945 di Leo Monutti la seguente
nota in corrispondenza della data del 15 dicembre 1944: Chiopris-Viscone
alle ore 13 precipita un quadrimotore. È
quindi laereo di cui ho sentito parlare da ragazzino.
Laereo
era decollato dalla base di Lecce in Puglia per la sua 26ma missione
la mattina del 15 dicembre 1944. Obiettivo lo scalo ferroviario
di Innsbruck in Austria. Dopo aver raggiunto lobiettivo
e sganciato le bombe laereo venne colpito dalla contraerea
tedesca perdendo due dei quattro motori. Nel volo di rientro
anche il terzo motore cominciò ad avere problemi e quindi
lequipaggio, sopra il Friuli, si lanciò con i paracadute
abbandonando laereo al proprio destino.
È ancora troppo poco però per poter ricostruire
la vicenda esaudendo la richiesta di notizie riguardo alle persone
che aiutarono gli aviatori e per conoscere la loro sorte. In
particolare, la lettera del signor John Hatch riferisce che:
A mio padre giunse la notizia che quattro dei suoi compagni
furono catturati e che due di loro si fratturarono gravemente
le gambe. Altri vennero uccisi a colpi darma da fuoco mentre
stavano scendendo con il paracadute.
La nostra sede Anpi da alcuni anni è gemellata con le
consorelle slovene di Bovec/Plezzo, Kobarid/Caporetto, Tolmin/Tolmino
e Brda/Casteldobra. In relazione a questi rapporti ho avuto loccasione
di leggere un interessante libro scritto da Jelka Peterka e Rok
Uric sulla sanità partigiana nellalto Isonzo
in Slovenia occidentale. Questo è un lavoro molto approfondito
e documentato che narra dellorganizzazione sanitaria in
terra slovena nel periodo della guerra di Liberazione, organizzazione
alla quale partecipò anche personale sanitario italiano
(per tutti citiamo il dottor Antonio Ciccarelli e il dottor
Zygmunt Osser). Unattività di solidarietà
umana condotta da uomini e donne che anche nel turbinio di una
terribile guerra prestarono la propria opera a sostegno dei partigiani
ma anche delle popolazioni civili e dei militari alleati di qualsiasi
nazione bisognosi di cure sanitarie, il tutto a rischio della
propria vita. Il libro ci descrive la complessità, la
ramificazione, lo straordinario appoggio delle popolazioni locali
e i rapporti esistenti con la Resistenza italiana, il cui valore
e complessità molte narrazioni contemporanee vogliono
obliterare. Nel volume è riportato, oltre alla descrizione
delle strutture sanitarie e del personale sanitario che vi operava,
anche lelenco, parziale, dei pazienti curati.
Da questo lavoro di ricerca rileviamo che, nellospedale
partigiano sloveno Jacob Zavrnik, che si trovava in una
località a est del paese di Kamberko ed era retto
dal dottor Ernest Berke, risultano ricoverati: Gerszewki, Magnus,
aviatore americano, sottotenente, nato il 21.8.1923, Grand Foxs
(sic!) (Grand Forks, ndr), North Dakota, ferito il 15.12.1944
nei pressi di Cividale, ha avuto un incidente mentre saltava
dallaereo, ricoverato il 23.12.1944, dimesso il 20.1.1945
tramite corriere di collegamento col IX Korpus; Albano, Michael,
aviatore americano, sottotenente, nato il 6.7.1923, Springfild
Nass (sic!) (Springfield Massachusetts, ndr), ferito mentre saltava
dal suo aereo il 15.12.1944, presso Cividale, ricoverato il 23.12.1944,
dimesso il 22.1.1945 inviato alla sede del IX Korpus. Sono i
due aviatori che come racconta Lynn W. Hatch si fratturarono
le gambe scendendo col paracadute.
Per la documentazione relativa allabbattimento dellaereo
ci viene in aiuto Enzo Laconelli (che ringraziamo) referente
del gruppo si ricerca aerei perduti. Da questa documentazione
possiamo ricostruire i nominativi e il destino di tutto lequipaggio
del bombardiere B-24, serie 42-51142 del 376th Bomb Group 524th
Bomb Squadron di base a Lecce in Puglia.
Il pilota dellequipaggio, il tenente Kremer Geroge A.,
suo fratello, il copilota tenente Kremer William C., lingegnere
aereo Smith George O. Jr., il mitragliere di fianco della fusoliera
Van Schydle Elton R. furono catturati dai tedeschi e internati
nel campo Dulang-Luft West in Germania a nord di Francoforte
sul Meno. Risultano poi rientrati a casa a fine guerra. Il radio
operatore Hatch Lynn W., il mitragliere della torretta sferica
Swain Dwight P., il mitragliere di testa Aaron, il navigatore
McCarns Robert W., il mitragliere di coda White Glenn I. Jr.
furono aiutati dai partigiani e rientrarono sani e salvi alle
loro basi dopo una avventurosa marcia attraverso la Jugoslavia.
Il bombardiere Gerszewski Magnus R. e il navigatore radar Albano
Michael J. nello scendere con il paracadute si fratturarono le
gambe e aiutati dai partigiani italiani vennero ricoverati in
un ospedale partigiani in territorio sloveno.
In sintesi quindi degli 11 membri dellequipaggio 4 furono
catturati dai tedeschi e internati in Germania, 7 furono salvati
dai partigiani italiani e poi fatti rientrare attraverso la Jugoslavia
nel Sud Italia. Alcuni (probabilmente i feriti) attraverso il
ponte aereo esistente in Jugoslavia a Nadlesk (Loka Dolina),
gli altri via mare dalla costa Dalmata verso Bari.
Al proprio rientro alla base, il capitano Glenn I. White, redasse
una lunga relazione dove narra nei particolari la discesa col
paracadute, laiuto ricevuto dalla popolazione e dai partigiani
e il lungo periodo trascorso per raggiungere una nave che lo
trasportò attraverso lAdriatico a Bari. Molto toccante
la narrazione di un tragico episodio che ci illustra nello stesso
tempo due modi di concepire e di vivere la terribile condizione
della guerra. La guerra di Resistenza che si combatteva in territorio
occupato dal nemico, soggetto a una lotta di pura sopravvivenza,
dove il nemico non riconosceva i partigiani come combattenti,
come soldati, ma come ribelli e banditi applicando una repressione
spietata e inflessibile che colpiva anche i familiari dei partigiani,
regola alla quale, giocoforza, in parte si adeguarono i partigiani.
La concezione della guerra era invece molto diversa per i militari
alleati che facevano parte di un regolare esercito che si contrapponeva
al nemico frontalmente e al quale veniva riconosciuto, generalmente,
per convenzioni internazionali, un altro trattamento:
Non
ne sono sicuro ma dovevano essere le nove o le dieci quando siamo
arrivati a questa casa sulle Alpi. Ricordo di essere salito su
per le scale su un solaio che fungeva da fienile. Cerano
McCarns, Hatch, Santgarten e Swain. Allinizio non mi hanno
riconosciuto a causa degli abiti civili che indossavo ma ci siamo
riuniti molto felicemente. Ovviamente ci siamo chiesti cosa fosse
successo al resto dellequipaggio. Due membri dellequipaggio,
il bombardiere e losservatore meteorologico, avevano le
gambe rotte e sono stati portati qui più tardi. Alla fine
abbiamo saputo che Van Schyndle, George e Bill Kramer e George
Smith erano stati catturati dai tedeschi. I tedeschi venivano
ogni giorno a cercarci. Abbiamo nascosto i due uomini con le
gambe rotte in una cantina mentre noi e i partigiani correvamo
a nasconderci sulle montagne per sfuggire ai tedeschi e tornare
a tarda sera. Alcuni dei soldati tedeschi erano sciatori ed erano
vestiti di bianco, il che li rendeva molto difficili da vedere
sulle montagne innevate delle Alpi. Durante la nostra permanenza
lì, i partigiani andavano al villaggio a prendere del
vino. Un soldato tedesco li seguì e fu catturato e portato
dove alloggiavamo noi. Due membri del nostro equipaggio parlavano
un po di tedesco, così lo interrogarono. Negò
di essere un soldato tedesco attivo. Disse di essere con la Croce
Rossa. La mattina dopo, verso le dieci o le undici, i partigiani
cercarono di convincere uno di noi ad accettare di sparare al
loro prigioniero. Sono orgoglioso di dire che rifiutammo tutti.
Portarono il loro prigioniero giù per la collina dove
avevano scavato una fossa. Lo spogliarono, gli spararono e lo
coprirono. Restava lultimo tassello della vicenda,
chi erano i partigiani e gli abitanti dei paesi che aiutarono
gli aviatori?
Nel riordinare alcune carte dellarchivio della sezione
Anpi si rinviene il seguente testo: Cividale li 15 dicembre
1946. Il giorno 15 dicembre 1944 alle ore 13 causa un guasto
al motore caddero in Orsaria di Premariacco (Udine) due aviatori
della R.A.F. i quali furono salvati dalle grinfie dei tedeschi
dai seguenti civili e partigiani: il primo in località
Pradolin e il secondo in centro del paese. Il primo fu soccorso
e trasportato oltre il fiume Natisone dai seguenti: Basso Gio
Batta di Terzilio, De Sabbata Marino fu Antonio, Modonutti Assuero
fu Giuseppe, Grinovero Aldo fu Domenico, Ieronuitti Francesco
fu Tullio, inoltre Tomat Guerrino fu Giuseppe che li trasportarono
oltre il fiume in piena a guado consegnandoli ai regolari partigiani
armati. Il secondo fu soccorso e trasportato fino al fiume dai
seguenti civili e partigiani: Basso Armando fu Gio Batta, Minen
Urbano fu Luigi, Taboga Blandino di Agostino, inoltre Tomat Guerrino
e Devoti Arturo che li trasportarono, a guado, oltre il fiume
in piena e li consegnarono ai regolari partigiani armati.
Un terzo aviatore è caduto nei pressi di Cerneglons fu
trasportato nella casa di un certo Baita e poi in tutta fretta
a Orsaria ove fu rifocillato, nascosto e non appena sera fu fatto
passare il Natisone dallo stesso Baita e Ferreghini Redi. La
casa dove fu nascosto e quella di Pizzoni Aldo fu Eugenio di
Orsaria. Una veloce ricerca nel paese di Orsaria ci permette
di raccogliere il ricordo del signor Taboga Aldo, cugino di Taboga
Blandino citato nella lettera. Il signor Aldo era allora un ragazzino
di sette anni e si trovava davanti allosteria della frazione
di Leproso situata sulla riva sinistra del fiume Natisone prospicente
a Orsaria che si trova invece sullaltra sponda.
Ricorda di aver visto passare nel cielo prima un bombardiere
che fumava e di aver poi visto quattro o cinque paracadute che
scendevano piano verso terra. Dopo circa unora sono transitati
da Orsaria, verso Leproso, passando sul greto del fiume Natisone
e salendo lungo la strada del mulino (ex mulino Braida) su una
specie di carrozza trainata da uno o due cavalli. Cerano
i partigiani con uno di questi che era caduto e lo portavano
verso la Rocca Bernarda dove cera il ritrovo dei partigiani.
Ora possiamo rispondere alla lettera del signor John Hatch di
Tuggeranong in Australia nella speranza che sia vivo e che la
riceva allunico recapito che ci ha fornito.
Questa storia, come detto fatta anche di fortuite coincidenze
ci narra della solidarietà della popolazione civile che
con grande rischio evitò la cattura degli aviatori alleati,
della rete organizzativa dei partigiani che li protesse li raggruppò
e fornì loro le cure necessarie. Pur restando una minoranza
della popolazione complessiva, a seconda degli studiosi dai 30.000
ai 50.000, i militari alleati, dopo lotto settembre, furono
aiutati a fuggire dalla prigionia o a evitare la cattura.
Una storia che ci narra di unidea diversa di Resistenza
nelle nostre zone del confine orientale dItalia che si
declina anche come collaborazione tra partigiani di varie nazionalità
e ideologie uniti per la liberazione dal nazifascismo. Una storia
che contrasta, nei fatti, con la narrazione di chi opera per
evidenziare ed accentuare i contrasti e le spaccature, pur esistenti,
sul fronte della Resistenza nel Nord-Est del nostro Paese la
cui sostanziale unità è invece rappresentata da
molti di questi fatti e dagli esiti di una guerra di Liberazione
che iniziò prima e finì dopo rispetto al resto
della nostra nazione. È grazie allAnpi, grazie al
suo spirito unitario e libero da pregiudizi, se anche queste
vicende trovano il giusto spazio e risalto.
Nota: la prima immagina presente
in questa pagina mostra un esemplare di bombardiere B52, la seconda
immagine mostra l'equipaggio del bombardiere precipitato. In
questa foto manca solo il tenente Reginald O'Hara. La terza immagine
mostra il cacciatorpediniere Belvoir.
Cividale del Friuli,
7 aprile 2025 |
Luciano
Marcolini Provenza |