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ANPI
Cividale del Friuli

i nemici della repubblica

intervento di Davide Conti
Gorizia, 9 febbraio 2024

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Proveremo a ragionare insieme di come la costruzione dell’impianto memoriale di un paese informi non solo del profilo identitario di una comunità, ma determini la costruzione di un insieme di valori e e la narrazione del percorso storico che parte dalla fine della II Guerra Mondiale e arriva all'oggi Cioè proveremo a raccontare dell'uso della storia nel formare la nostra cittadinanza ovvero il nostro patto collettivo comune che tiene insieme uomini e donne di questa nostra repubblica antifascista.
Abbiamo parlato della questione del confine italo-jugoslavo per la particolare attenzione che alla questione viene data in questi giorni prossimi alla Giornata del Ricordo dove, con una rappresentazione retorica e propagandista, si confligge con una analisi storica approfondita.
La "Giornata del ricordo" è stata istituita con la legge del 30 marzo 2004 n. 92 con un voto a larga maggioranza bipartisan dell'allora maggioranza e della allora minoranza parlamentare. Da quel momento si è avviata una slavina che ha portato a una sorta di prevaricazione sulla costruzione disciplinata e matodologica dei fatti. Questo significa sostanzialmente che questo atto politico (l’istituzione della Giornata del ricordo) in quella data (10 febbraio) ha cambiato, rovesciando lo status dei soggetti storici e rovesciando l’intelligenza dei fatti per come si sono realmente sviluppati, l’immagine e l'identità stessa della radice fondativa della nostra Repubblica, ovvero la Costituzione.

Il
10 febbraio rovescia lo status dei soggetti storici in campo perché trasforma l'aggressore, Il Regio Esercito italiano che il 6 aprile 1941 entrò in Jugoslavia, in aggrediti e nello stesso identico momento trasforma gli aggrediti jugoslavi in un popolo di aggressori.
Pensate alla relazione di questa modalità di ragionamento sul presente. Oggi, nelle attuali crisi internazionali, parliamo di aggressore e di aggredito specificando puntualmente chi essi siano, lo facciamo per la guerra fra Federazione Russa e Ucraina, fra Israele e Hamas.
Questo paradigma, nel racconto pubblico, non vale più il 10 febbraio. I fatti spariscono o vengono spazzati via da una retorica celebrativa che porta a una distorsione dei fatti. Non solo gli italiani diventano aggrediti e gli jugoslavi diventano aggressori, ma addirittura l’esito della II Guerra Mondiale, ovvero della "guerra totale" che il nazismo ha scatenato e che ha avuto il contributo dell’Italia fascista, viene messo in discussione dall’istituzione nel Giorno del Ricordo. La data del 10 febbraio non centra nulla con le violenze sul confine che sappiamo essersi svolte dopo l'annuncio dell'armistizio dell'Italia (9 settembre 1943) e l'iimediato sbandamento successivo dell'esercito italiano nei Balcani. Alttre violenze si svolsero nel maggio del 1945 con la risalita delle truppe dell'esercito partigiano jugoslavo guidato da Tito dal centro-sud al nord verso la Slovenia.
Invece si sceglie il 10 febbraio, data che con le foibe non centra nulla, perché è il giorno della firma dei trattati di pace a Parigi che hanno posto formalmente fine alla II Guerra Mondiale, il più grande massacro di massa della storia contemporanea che anche l'Italia ha contribuito a scatenare.
Ora quando Alcide De Gasperi, Presidente del Consiglio e capo delegazione del Governo italiano a Parigi, dopo la firma del trattato, tornò in Parlamento a Roma per la ratifica che avvenne all’unanimità, solo la comunità minoritaria dei fascisti di Salò ritenne questo trattato una pace punitiva.
Il rovesciamento della nozione di aggredito e aggressore e la scelta del 10 febbraio portano il 10 febbraio 2017 (a 70 anni della firma del trattato) qui da noi a commemorare i morti nelle foibe mentre in Europa e negli USA si svolgevano celebrazioni commemorative della pace ritrovata.
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Alla fine della II Guerra Mondiale, migliaia di italiani furono iscritti nelle liste dell’ONU per rispondere di crimini di guerra e contro l’umanità. Si sarebbe dovuto affrontare sul piano internazionale una Norimberga italiana, un processo simile a quello istituito in Germania contro i responsabili dei crimini nazisti. Questa Norimberga italiana avrebbe dovuto portare alla sbarra alti ufficiali, colonnelli, generali, uomini del Ministero degli Interni, del Ministero della Guerra, funzionari dei servizi, dei corpi di polizia, ecc.
Primo fra tutti Mario Roatta, capo del SIM fascista, responsabile dell’assasinio dei fratelli Rosselli ed estensore, da generale comandante delle forze armate di occupazione in Slovenia, della circolare 3C che illustrava minuziosamente, ai sottoposti militari e ai soldati di stanza in Slovenia, come reprimere anche preventivamente la popolazione civile nel quadro della guerra che le truppe italiane stavano conducendo nei Balcani. Non fu mai processato, come tutti gli altri elencati nella lista dell'ONU responsabili di crimini contro l’umanità in Jugoslavia, Grecia, Libia, Etiopia, Albania, ...
Nella sola città di Lubiana, sotto occupazione italiana, alla fine del conflitto furono censite 36 mila vittime, il 10% della popolazione e ogni famiglia ebbe un lutto per mano italiana. Decine di migliaia furono i deportati jugoslavi in Italia in oltre 200 siti di internamento costruiti dal 1935 dalla Valle d’Aosta alla Sicilia.
Da quei campi, dopo l'8 settembre 1943 uscirono migliaia di jugoslavi che si aggregarono alle formazioni partigiane italiane come 30 mila soldati italiani nei Balcani si aggregarono alle forze partigiane jugoslave.
Con l'avvio della guerra fredda, l'Italia si collocò nel nuovo contesto nuovo dell'Alleanza Atlantica e questo consentì quasi subito l’impunità dei criminali di guerra per una ragione di realpolitik. Gli alleati avrebbero dovuto processare migliaia di italiani che sarebbero stati probabilmente sollevati dalle loro funzioni e contestualmente sostituiti da personale politico e militare formatosi nella Guerra di Liberazione. Ma gli alleati, che stavano costituendo il dispositivo militare NATO in funzione antisovietica e anticomunista, non potevano permettere una epurazione dei criminali fascisti e la loro sostituzione con personale della Resistenza la cui posizione, per il 70% , era socialista e comunista. Rimasero nei loro ruoli perché erano personale formato nell’anticomunismo e portavano in dote un potenziale di ricattabilità che ne garantiva la fedeltà.
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Nell’ambito dell'inchiesta per la strage di Piazza della Loggia del 28 maggio 1974 emergeranno dei documenti che racconteranno l’esistenza di un servizio segreto denominato "Anello" che, fondato dal Roatta nel 1944, sarà protagonista di numerose azioni eversive.
L’alba della nostra repubblica è caratterizzata da numerose ambiguità: due questori che operarono a Lubiana durante l'occupazione fascista, Ettore Messana e Ciro Verdiani, erano uno un esponente del SIM e l’altro il capostazione OVRA a Spalato. Macchiatisi entrambi di gravi crimini rientrarono a Roma e ben presto riebbero ruoli importanti tanto da andare in Sicilia su indicazione di Bonomi e di Scelba in anni (1946-1948) di mobilitazioni contadine per la riforma agraria e la fine del latifondo. I due, alla guida della struttura di controllo dell’ordine, coprirono i responsabili di numerosi crimini contro esponenti socialisti, comunisti e del sindacato e anche i responsabili della strage di Portella della Ginestra dove furono uccisi dalla Banda Giuliano numerosi contadini e operai che festeggiavano il I maggio. Nel 1952 la corte di appello di Viterbo, nell'emettere la sentenza per la strage di Portella della Ginestra, lasciò scritto che a proteggere la latitanza e a fornire le armi, i soldi, le cure e passaporti falsi agli uomini di Salvatore Giulano erano stati Ettore Messana e Ciro Verdiani.
Alcuni di questi criminali di guerra come Alessandro Pirzio Biroli e Gastone Gambara furono tra i fondatori del MSI, un partito che, costituitosi nel dicembre del 1946, non si propose solo di ricomporre e riaggregare gli sconfitti di Salò e formare una nuova generazione di fascisti, ma manifestò una spiccata ostilità alla Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza.
Cosa sia stato questo partito lo chiarì Aldo Moro nel 1962 nel corso del congresso della DC svoltosi a Napoli in un momento storico in cui la crescita del PIL era del 7% e il boom economico che, dopo gli anni della ricostruzione, stava portando l'Italia nel consesso degli stati sviluppati.
Lo chiarì a un anno e mezzo dall'esperimento politico portato avanti da Tambroni, ex fascista, che dopo 3 lustri dalla fine della guerra, portò sulla soglia del governo i reduci della RSI. Questo esperimento morì travolto da una mobilitazione antifascista che interessò tutto il paese con morti in Sicilia e in Emilia, con feriti a Roma a Genova.
Le radici profonde del fascismo non sono riducibili alla ridotta politico parlamentare del MSI che pure ne rappresentava una continuità ideale. Il fascismo è stato ed è qualcosa di più profondo e radicato nel corpo della nazione. Il fascismo è stato più di una parentesi, è stato, citando Piero Gobetti, l'autobiografia della nazione e, citando Antonio Gramsci, l'espressione del sovversivismo delle classi dirigenti. Moro ricordò che i fascismo è nato in Italia e non altrove perché il nostro paese aveva caratteristiche peculiari a livello economico, sociale, culturali e di costume che resero possibile qui la nascita di un esperimento politico inedito, ovvero la costruzione di un regime reazionario di massa. Questo è il fascismo e quindi naturalmente questi caratteri hanno finito per essere istituzionalizzati nel corso del tempo. Sono stati istituzionalizzati i caratteri regressivi del nostro corpo nazionale in strutture come la "Camera dei fasci e delle corporazioni" che doveva rappresentare gli interessi particolari contro l'interesse generale. Oggi assistiamo a discussione sugli aspetti esteriori del fascismo, ma poco si dice come vi sia stata una continuità fra il fascismo e la Repubblica. Nell'immediato dopoguerra 64 prefetti su 64 avevano fatto carriera durante il fascismo, così come 125 fra questori e vicequestori su 127. Tutta la magistratura si era formata durante il fascismo e Gaetano Azzariti, primo presidente della Corte Costituzionale, era stato l'ultimo presidente del tribunale della razza che aveva comminato condanne per gli ebrei. Erano di formazione fascista i vertici dell'Arma dei Carabinieri, della Pubblica Sicurezza, dell'intelligence e portano la loro formazione politica nella Repubblica pronti a farla riemergere nelle situazioni difficili. E questo avviene già nel 1964, quando il primo governo di centro-sinistra propose delle riforme di struttura come la nazionalizzazione dell'energia, la riforma urbanistica, la riforma della scuola e dell'università, ... e decise di spostare equilibri e assetti storici consolidati del nostro paese.
Dall'alto si mosse il sovversivismo della classi dirigenti che portò a ipotizzare il "Piano Solo". Questo poiano fu predisposto dal comandante generale dei Carabinieri Giovanni de Lorenzo con il benestare del Presidente della Repubblica Antonio Segni per impedire qualsiasi mutamento dello stato delle cose.
Alla fine degli anni' 60 iniziò un fenomeno che non ebbe eguali nelle altre democrazie moderne a capitalismo avanzato: lo stragismo
Le stragi perpetrate dalla destra estrema colpirono civili inermi in tempo di pace, non furono rivendicate e si proposero fin dalla loro elaborazione di far cadere sull'avversario politico la responsabilità del massacro per provocare nell'opinione pubblica una reazione d'ordine.
Emerge quel fenomeno definito "strategia della tensione" che dal 12 dicembre 1969, con la strage di piazza Fontana fino alla "strage di Bologna" del 2 agosto 1980 insanguinò l'Italia.
La strage del 12 dicembre 1969 avvenne 4 ore dopo l'approvazione, in prima lettura da parte del Senato, dello Statuto dei lavoratori ovvero di una riforma che applicava art. 3 della Costituzione. Una riforma che, come spiegò il giurista Pietro Barcellona, rompeva l'ideologia dell'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge.
Barcellona affermava che lo statuto dei lavoratori programmaticamente non si proponeva la estensione di diritti a tutti i cittadini, ma si proponeva, fin dalla sua elaborazione, la promozione di diritti di una classe di cittadini, quella che lavora, a detrimento delle posizioni di rendita di una altra classe di cittadini. L'art. 3 della Costituzione promuove la giustizia e l'eguaglianza sostanziale facendo carico alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono ai lavoratori di interesserarsi e di partecipare alla guida della cosa pubblica.
La strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969 si incarica di esprimere il sovversivismo delle classi dirigenti e si esprime, come agli inizi degli anni '20, con la forma paramilitare.
Il 14 dicembre 1969 era prevista a Roma una manifestazione del MSI e di tutta l'estrema destra italiana. Questa manifestazione si doveva, come emerso in seguito; risolvere con l'attacco alle sede nazionale del PCI, alle Botteghe Oscure, provocando incidenti gravi anche con la possibile morte di persone per spingere le autorità dello Stato alla proclamazione dello stato di emergenza e alla sospensione dei diritti costituzionali e alla concentrazione nelle mani di solo 5 persone apicali di tutto il potere legislativo ed esecutivo. Le leggi di pubblica sicurezza in vigore (in gran parte formulate durante il fascismo - vedasi art. 216 del TU di Pubblica Sicurezza) prevedevano, in presenza di un fatto militare contro civili sul territorio italiano, la possibilità di sospendere la Costituzione. Questa decisione era nella mani di cinque persona poste ai vertici dello Stato: il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio dei Ministri (Mariano Rumor), il capo delle Forze Armate, il comandante dell'Arma dei Carabinieri e il capo della Polizia. Essi dovevano, a norma di legge, controfirmare la dichiarazione di stato di emergenza, ma Mariano Rumor si oppose, impendendo questo passo: Pochi anni dopo alla Questura di Milano per poco sfuggì a un attentato che provocherà quattro morti.
La manifestazione del MSI del 14 dicembre 69 venne bloccata dalla richiesta in Parlamento di Giorgio La Malfa (PRI) di sospendere tutte le manifestazioni, richiesta che venne accolta dal Ministro dell'Interno. Una decisione che impedì che ai morti di piazza Fontana e agli attentati di Roma del 12 dicembre si aggiungessero altre vittime delle violenze.
Il 7 aprile 1973 sul treno diretto Roma-Torino saliva l'ordinovista Nico Azzi vestito con l'abito tipico degli estremisti di sinistra e con il giornale di estrema sinistra Lotta Continua in bella vista: Cercava di farsi notare il più possibile passeggiando su e giù per le carrozze poi si chiudeva in un bagno per allestire una bomba che doveva fare una strage, lasciando nei sopravvissuti la memoria di un estremista di sinistra come possibile autore del fatto. Mentre stava preparando l'ordigno questo gli esplose anzitempo e, fermato il treno, Nico Azzi fu identificato per quello che era: un neofascista di Ordine Nuovo. Pochi giorni dopo a Milano il MSI convocava un corteo non autorizzato guidato da due deputati del collegio milanese Franco Maria Servello e Franco Petronio, con loro anche Francesco "Ciccio" Franco leader di "Boia chi molla" a Reggio Calabria e suoi uomini.
Insieme a loro c'era un giovane segretario del Fronte della Gioventù missina, Ignazio La Russa, l'attuale Presidente del Senato, seconda carica dello Stato. Il corteo, partito verso al prefettura, si concludeva con degli scontri violenti contro la polizia che determinarono la morte dell'agente Antonio Marino.
A fornire le bombe lanciate da Loi e Murelli era stato, cinque gioni prima, Nico Azzi, l'uomo che era salito sul treno in cui doveva compiere l'attentato poi fallito. Di nuovo la logica della strage e della piazza.
Nel 2007 a gennaio Nico Azzi morì a Milano e i suoi funerali furono celebrati in un florilegio di bandiere con croci celtiche, labari della X MAS e asce bipenni di Ordine Nuovo. A rendere omaggio alla salma del camerata anche l'allora senatore di Alleanza Nazionale Ignazio La Russa.
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Quando in Parlamento si discusse dell'istituzione della giornata dedicata alle vittime del terrorismo, furono presentate due mozioni: una perché fosse celebrata il 12 dicembre e una, approvata con voto bipartisan, che propose la data del 9 maggio (giorno della ritrovamento in via Gaetani del corpo di Aldo Moro ucciso dalle Brigate Rosse). Riflettendo sulle stragi a partire da quella di Portella della Ginestra fino a quella di Bologna, per le nostre istituzioni e per il nostro discorso pubblico è stato più semplice spiegare che un soggetto esterno allo Stato come le BR attaccò il cuore dello stato piuttosto che spiegare che il fenomeno del terrorismo fu in gran parte un fenomeno uscito dal cuore dello strato.

nota della redazione: in questa pagina abbiamo proposto i passaggi, a nostro avviso, più significativi dell'intervento di Davide Conti a un incontro organizzato lo scorso 9 febbraio dall'ANPI provinciale di Gorizia.
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