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Proveremo a ragionare insieme di come la costruzione dellimpianto
memoriale di un paese informi non solo del profilo identitario
di una comunità, ma determini la costruzione di un insieme
di valori e e la narrazione del percorso storico che parte dalla
fine della II Guerra Mondiale e arriva all'oggi Cioè proveremo
a raccontare dell'uso della storia nel formare la nostra cittadinanza
ovvero il nostro patto collettivo comune che tiene insieme uomini
e donne di questa nostra repubblica antifascista.
Abbiamo parlato della questione del confine italo-jugoslavo per
la particolare attenzione che alla questione viene data in questi
giorni prossimi alla Giornata del Ricordo dove, con una rappresentazione
retorica e propagandista, si confligge con una analisi storica
approfondita.
La "Giornata del ricordo" è stata istituita
con la legge del 30 marzo 2004 n. 92 con un voto a larga maggioranza
bipartisan dell'allora maggioranza e della allora minoranza parlamentare.
Da quel momento si è avviata una slavina che ha portato
a una sorta di prevaricazione sulla costruzione disciplinata
e matodologica dei fatti. Questo significa sostanzialmente che
questo atto politico (listituzione della Giornata del ricordo)
in quella data (10 febbraio) ha cambiato, rovesciando lo status
dei soggetti storici e rovesciando lintelligenza dei fatti
per come si sono realmente sviluppati, limmagine e l'identità
stessa della radice fondativa della nostra Repubblica, ovvero
la Costituzione.
Il 10 febbraio rovescia
lo status dei soggetti storici in campo perché trasforma
l'aggressore, Il Regio Esercito italiano che il 6 aprile 1941
entrò in Jugoslavia, in aggrediti e nello stesso identico
momento trasforma gli aggrediti jugoslavi in un popolo di aggressori.
Pensate alla relazione di questa modalità di ragionamento
sul presente. Oggi, nelle attuali crisi internazionali, parliamo
di aggressore e di aggredito specificando puntualmente chi essi
siano, lo facciamo per la guerra fra Federazione Russa e Ucraina,
fra Israele e Hamas.
Questo paradigma, nel racconto pubblico, non vale più
il 10 febbraio. I fatti spariscono o vengono spazzati via da
una retorica celebrativa che porta a una distorsione dei fatti.
Non solo gli italiani diventano aggrediti e gli jugoslavi diventano
aggressori, ma addirittura lesito della II Guerra Mondiale,
ovvero della "guerra totale" che il nazismo ha scatenato
e che ha avuto il contributo dellItalia fascista, viene
messo in discussione dallistituzione nel Giorno del Ricordo.
La data del 10 febbraio non centra nulla con le violenze sul
confine che sappiamo essersi svolte dopo l'annuncio dell'armistizio
dell'Italia (9 settembre 1943) e l'iimediato sbandamento successivo
dell'esercito italiano nei Balcani. Alttre violenze si svolsero
nel maggio del 1945 con la risalita delle truppe dell'esercito
partigiano jugoslavo guidato da Tito dal centro-sud al nord verso
la Slovenia.
Invece si sceglie il 10 febbraio, data che con le foibe non centra
nulla, perché è il giorno della firma dei trattati
di pace a Parigi che hanno posto formalmente fine alla II Guerra
Mondiale, il più grande massacro di massa della storia
contemporanea che anche l'Italia ha contribuito a scatenare.
Ora quando Alcide De Gasperi, Presidente del Consiglio e capo
delegazione del Governo italiano a Parigi, dopo la firma del
trattato, tornò in Parlamento a Roma per la ratifica che
avvenne allunanimità, solo la comunità minoritaria
dei fascisti di Salò ritenne questo trattato una pace
punitiva.
Il rovesciamento della nozione di aggredito e aggressore e la
scelta del 10 febbraio portano il 10 febbraio 2017 (a 70 anni
della firma del trattato) qui da noi a commemorare i morti nelle
foibe mentre in Europa e negli USA si svolgevano celebrazioni
commemorative della pace ritrovata.
(...)
Alla fine della II Guerra Mondiale, migliaia di italiani furono
iscritti nelle liste dellONU per rispondere di crimini
di guerra e contro lumanità. Si sarebbe dovuto affrontare
sul piano internazionale una Norimberga italiana, un processo
simile a quello istituito in Germania contro i responsabili dei
crimini nazisti. Questa Norimberga italiana avrebbe dovuto portare
alla sbarra alti ufficiali, colonnelli, generali, uomini del
Ministero degli Interni, del Ministero della Guerra, funzionari
dei servizi, dei corpi di polizia, ecc.
Primo fra tutti Mario Roatta, capo del SIM fascista, responsabile
dellassasinio dei fratelli Rosselli ed estensore, da generale
comandante delle forze armate di occupazione in Slovenia, della
circolare
3C che illustrava minuziosamente, ai sottoposti militari e ai
soldati di stanza in Slovenia, come reprimere anche preventivamente
la popolazione civile nel quadro della guerra che le truppe italiane
stavano conducendo nei Balcani. Non fu mai processato, come tutti
gli altri elencati nella lista dell'ONU responsabili di crimini
contro lumanità in Jugoslavia, Grecia, Libia, Etiopia,
Albania, ...
Nella sola città di Lubiana, sotto occupazione italiana,
alla fine del conflitto furono censite 36 mila vittime, il 10%
della popolazione e ogni famiglia ebbe un lutto per mano italiana.
Decine di migliaia furono i deportati jugoslavi in Italia in
oltre 200 siti di internamento costruiti dal 1935 dalla Valle
dAosta alla Sicilia.
Da quei campi, dopo l'8 settembre 1943 uscirono migliaia di jugoslavi
che si aggregarono alle formazioni partigiane italiane come 30
mila soldati italiani nei Balcani si aggregarono alle forze partigiane
jugoslave.
Con l'avvio della guerra fredda, l'Italia si collocò nel
nuovo contesto nuovo dell'Alleanza Atlantica e questo consentì
quasi subito limpunità dei criminali di guerra per
una ragione di realpolitik. Gli alleati avrebbero dovuto processare
migliaia di italiani che sarebbero stati probabilmente sollevati
dalle loro funzioni e contestualmente sostituiti da personale
politico e militare formatosi nella Guerra di Liberazione. Ma
gli alleati, che stavano costituendo il dispositivo militare
NATO in funzione antisovietica e anticomunista, non potevano
permettere una epurazione dei criminali fascisti e la loro sostituzione
con personale della Resistenza la cui posizione, per il 70% ,
era socialista e comunista. Rimasero nei loro ruoli perché
erano personale formato nellanticomunismo e portavano in
dote un potenziale di ricattabilità che ne garantiva la
fedeltà.
(...)
Nellambito dell'inchiesta per la strage di Piazza della
Loggia del 28 maggio 1974 emergeranno dei documenti che racconteranno
lesistenza di un servizio segreto denominato "Anello"
che, fondato dal Roatta nel 1944, sarà protagonista di
numerose azioni eversive.
Lalba della nostra repubblica è caratterizzata da
numerose ambiguità: due questori che operarono a Lubiana
durante l'occupazione fascista, Ettore Messana e Ciro Verdiani,
erano uno un esponente del SIM e laltro il capostazione
OVRA a Spalato. Macchiatisi entrambi di gravi crimini rientrarono
a Roma e ben presto riebbero ruoli importanti tanto da andare
in Sicilia su indicazione di Bonomi e di Scelba in anni (1946-1948)
di mobilitazioni contadine per la riforma agraria e la fine del
latifondo. I due, alla guida della struttura di controllo dellordine,
coprirono i responsabili di numerosi crimini contro esponenti
socialisti, comunisti e del sindacato e anche i responsabili
della strage di Portella della Ginestra dove furono uccisi dalla
Banda Giuliano numerosi contadini e operai che festeggiavano
il I maggio. Nel 1952 la corte di appello di Viterbo, nell'emettere
la sentenza per la strage di Portella della Ginestra, lasciò
scritto che a proteggere la latitanza e a fornire le armi, i
soldi, le cure e passaporti falsi agli uomini di Salvatore Giulano
erano stati Ettore Messana e Ciro Verdiani.
Alcuni di questi criminali di guerra come Alessandro Pirzio Biroli
e Gastone Gambara furono tra i fondatori del MSI, un partito
che, costituitosi nel dicembre del 1946, non si propose solo
di ricomporre e riaggregare gli sconfitti di Salò e formare
una nuova generazione di fascisti, ma manifestò una spiccata
ostilità alla Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza.
Cosa sia stato questo partito lo chiarì Aldo Moro nel
1962 nel corso del congresso della DC svoltosi a Napoli in un
momento storico in cui la crescita del PIL era del 7% e il boom
economico che, dopo gli anni della ricostruzione, stava portando
l'Italia nel consesso degli stati sviluppati.
Lo chiarì a un anno e mezzo dall'esperimento politico
portato avanti da Tambroni, ex fascista, che dopo 3 lustri dalla
fine della guerra, portò sulla soglia del governo i reduci
della RSI. Questo esperimento morì travolto da una mobilitazione
antifascista che interessò tutto il paese con morti in
Sicilia e in Emilia, con feriti a Roma a Genova.
Le radici profonde del fascismo non sono riducibili alla ridotta
politico parlamentare del MSI che pure ne rappresentava una continuità
ideale. Il fascismo è stato ed è qualcosa di più
profondo e radicato nel corpo della nazione. Il fascismo è
stato più di una parentesi, è stato, citando Piero
Gobetti, l'autobiografia della nazione e, citando Antonio Gramsci,
l'espressione del sovversivismo delle classi dirigenti. Moro
ricordò che i fascismo è nato in Italia e non altrove
perché il nostro paese aveva caratteristiche peculiari
a livello economico, sociale, culturali e di costume che resero
possibile qui la nascita di un esperimento politico inedito,
ovvero la costruzione di un regime reazionario di massa. Questo
è il fascismo e quindi naturalmente questi caratteri hanno
finito per essere
istituzionalizzati nel corso del tempo. Sono stati istituzionalizzati
i caratteri regressivi del nostro corpo nazionale in strutture
come la "Camera dei fasci e delle corporazioni" che
doveva rappresentare gli interessi particolari contro l'interesse
generale. Oggi assistiamo a discussione sugli aspetti esteriori
del fascismo, ma poco si dice come vi sia stata una continuità
fra il fascismo e la Repubblica. Nell'immediato dopoguerra 64
prefetti su 64 avevano fatto carriera durante il fascismo, così
come 125 fra questori e vicequestori su 127. Tutta la magistratura
si era formata durante il fascismo e Gaetano Azzariti, primo
presidente della Corte Costituzionale, era stato l'ultimo presidente
del tribunale della razza che aveva comminato condanne per gli
ebrei. Erano di formazione fascista i vertici dell'Arma dei Carabinieri,
della Pubblica Sicurezza, dell'intelligence e portano la loro
formazione politica nella Repubblica pronti a farla riemergere
nelle situazioni difficili. E questo avviene già nel 1964,
quando il primo governo di centro-sinistra propose delle riforme
di struttura come la nazionalizzazione dell'energia, la riforma
urbanistica, la riforma della scuola e dell'università,
... e decise di spostare equilibri e assetti storici consolidati
del nostro paese.
Dall'alto si mosse il sovversivismo della classi dirigenti che
portò a ipotizzare il "Piano Solo". Questo poiano
fu predisposto dal comandante generale dei Carabinieri Giovanni
de Lorenzo con il benestare del Presidente della Repubblica Antonio
Segni per impedire qualsiasi mutamento dello stato delle cose.
Alla fine degli anni' 60 iniziò un fenomeno che non ebbe
eguali nelle altre democrazie moderne a capitalismo avanzato:
lo stragismo
Le stragi perpetrate dalla destra estrema colpirono civili inermi
in tempo di pace, non furono rivendicate e si proposero fin dalla
loro elaborazione di far cadere sull'avversario politico la responsabilità
del massacro per provocare nell'opinione pubblica una reazione
d'ordine.
Emerge quel fenomeno definito "strategia della tensione"
che dal 12 dicembre 1969, con la strage di piazza Fontana fino
alla "strage di Bologna" del 2 agosto 1980 insanguinò
l'Italia.
La strage del 12 dicembre 1969 avvenne 4 ore dopo l'approvazione,
in prima lettura da parte del Senato, dello Statuto dei lavoratori
ovvero di una riforma che applicava art. 3 della Costituzione.
Una riforma che, come spiegò il giurista Pietro Barcellona,
rompeva l'ideologia dell'uguaglianza di tutti i cittadini davanti
alla legge.
Barcellona affermava che lo statuto dei lavoratori programmaticamente
non si proponeva la estensione di diritti a tutti i cittadini,
ma si proponeva, fin dalla sua elaborazione, la promozione di
diritti di una classe di cittadini, quella che lavora, a detrimento
delle posizioni di rendita di una altra classe di cittadini.
L'art. 3 della Costituzione promuove la giustizia e l'eguaglianza
sostanziale facendo carico alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli
di ordine economico e sociale che impediscono ai lavoratori di
interesserarsi e di partecipare alla guida della cosa pubblica.
La strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969 si incarica
di esprimere il sovversivismo delle classi dirigenti e si esprime,
come agli inizi degli anni '20, con la forma paramilitare.
Il 14 dicembre 1969 era prevista a Roma una manifestazione del
MSI e di tutta l'estrema destra italiana. Questa manifestazione
si doveva, come emerso in seguito; risolvere con l'attacco alle
sede nazionale del PCI, alle Botteghe Oscure, provocando incidenti
gravi anche con la possibile morte di persone per spingere le
autorità dello Stato alla proclamazione dello stato di
emergenza e alla sospensione dei diritti costituzionali e alla
concentrazione nelle mani di solo 5 persone apicali di tutto
il potere legislativo ed esecutivo. Le leggi di pubblica sicurezza
in vigore (in gran parte formulate durante il fascismo - vedasi
art. 216 del TU di Pubblica Sicurezza) prevedevano, in presenza
di un fatto militare contro civili sul territorio italiano, la
possibilità di sospendere la Costituzione. Questa decisione
era nella mani di cinque persona poste ai vertici dello Stato:
il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio dei
Ministri (Mariano Rumor), il capo delle Forze Armate, il comandante
dell'Arma dei Carabinieri e il capo della Polizia. Essi dovevano,
a norma di legge, controfirmare la dichiarazione di stato di
emergenza, ma Mariano Rumor si oppose, impendendo questo passo:
Pochi anni dopo alla Questura di Milano per poco sfuggì
a un attentato che provocherà quattro morti.
La manifestazione del MSI del 14 dicembre 69 venne bloccata dalla
richiesta in Parlamento di Giorgio La Malfa (PRI) di sospendere
tutte le manifestazioni, richiesta che venne accolta dal Ministro
dell'Interno. Una decisione che impedì che ai morti di
piazza Fontana e agli attentati di Roma del 12 dicembre si aggiungessero
altre vittime delle violenze.
Il 7 aprile 1973 sul treno diretto Roma-Torino saliva l'ordinovista
Nico Azzi vestito con l'abito tipico degli estremisti di sinistra
e con il giornale di estrema sinistra Lotta Continua in bella
vista: Cercava di farsi notare il più possibile passeggiando
su e giù per le carrozze poi si chiudeva in un bagno per
allestire
una bomba che doveva fare una strage, lasciando nei sopravvissuti
la memoria di un estremista di sinistra come possibile autore
del fatto. Mentre stava preparando l'ordigno questo gli esplose
anzitempo e, fermato il treno, Nico Azzi fu identificato per
quello che era: un neofascista di Ordine Nuovo. Pochi giorni
dopo a Milano il MSI convocava un corteo non autorizzato guidato
da due deputati del collegio milanese Franco Maria Servello e
Franco Petronio, con loro anche Francesco "Ciccio"
Franco leader di "Boia chi molla" a Reggio Calabria
e suoi uomini.
Insieme a loro c'era un giovane segretario del Fronte della Gioventù
missina, Ignazio La Russa, l'attuale Presidente del Senato, seconda
carica dello Stato. Il corteo, partito verso al prefettura, si
concludeva con degli scontri violenti contro la polizia che determinarono
la morte dell'agente Antonio Marino.
A fornire le bombe lanciate da Loi e Murelli era stato, cinque
gioni prima, Nico Azzi, l'uomo che era salito sul treno in cui
doveva compiere l'attentato poi fallito. Di nuovo la logica della
strage e della piazza.
Nel 2007 a gennaio Nico Azzi morì a Milano e i suoi funerali
furono celebrati in un florilegio di bandiere con croci celtiche,
labari della X MAS e asce bipenni di Ordine Nuovo. A rendere
omaggio alla salma del camerata anche l'allora senatore di Alleanza
Nazionale Ignazio La Russa.
(...)
Quando in Parlamento si discusse dell'istituzione della giornata
dedicata alle vittime del terrorismo, furono presentate due mozioni:
una perché fosse celebrata il 12 dicembre e una, approvata
con voto bipartisan, che propose la data del 9 maggio (giorno
della ritrovamento in via Gaetani del corpo di Aldo Moro ucciso
dalle Brigate Rosse). Riflettendo sulle stragi a partire da quella
di Portella della Ginestra fino a quella di Bologna, per le nostre
istituzioni e per il nostro discorso pubblico è stato
più semplice spiegare che un soggetto esterno allo Stato
come le BR attaccò il cuore dello stato piuttosto che
spiegare che il fenomeno del terrorismo fu in gran parte un fenomeno
uscito dal cuore dello strato.
nota della
redazione: in questa
pagina abbiamo proposto i passaggi, a nostro avviso, più
significativi dell'intervento di Davide Conti a un incontro organizzato
lo scorso 9 febbraio dall'ANPI provinciale di Gorizia.
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