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            | Nota della redazione:
            proponiamo qui i
            passaggi più significativi dell'intervento della storica
            Alessandra Kersevan sul confine orientale italiano dal 1866 al
            2000. | 
        
        La legge che
        istituisce il Giorno del Ricordo stabilisce che il 10 febbraio
        si deve parlare non solo di foibe ed esodo, ma anche della
        più complessa vicenda del confine orientale.
        In realtà, dallistituzione di questa ricorrenza,
        né il 10 febbraio e neppure negli altri giorni dellanno
        si sente parlare di questa più complessa vicenda.
        E' importante capire il rapporto fra il confine orientale e nazione;
        il confine orientale, a partire dalla conclusione della III Guerra
        di Indipendenza nel 1866, è cambiato numerose volte. La
        III Guerra di Indipendenza porta quasi a compimento lunità
        del paese e diventano sudditi del Regno di Italia gruppi di persone
        di altra nazionalità come gli abitanti delle Valli del
        Natisone e delle Valli del Torre definiti genericamente slavi.
         Il
        confine stabilito nel 1866 è frutto dellannessione
        allItalia dellultima parte del Lombardo Veneto (il
        Veneto appunto) cioè del territorio appartenuto alla Serenissima,
        comprensivo anche del Friuli e delle Valli del Natisone e del
        Torre.
Il
        confine stabilito nel 1866 è frutto dellannessione
        allItalia dellultima parte del Lombardo Veneto (il
        Veneto appunto) cioè del territorio appartenuto alla Serenissima,
        comprensivo anche del Friuli e delle Valli del Natisone e del
        Torre.
        Il confine dopo la I Guerra Mondiale cambia spostandosi a Est,
        con lingresso di nel Regno dItalia del Collio goriziano,
        dellattuale Venezia Giulia e dellIstria.
        Questo territorio, chiamato in precedenza Ösaterreichisches
        Künstenland (Litorale austriaco), era caratterizzato dalla
        presenza di molte culture, fra cui quella italiana e friulana
        nella parte più occidentale, quella slovena nella parte
        nord e quella croata nella parte meridionale.
        Poi un successivo confine, a seguito dellaggressione dellItalia
        alla Jugoslavia del 1941, raggiunge Lubiana e si avvicina a Zagabria.
        Con l'annessione al Regno dItalia di questi nuovi territori
        si costituirà la nuova provincia di Lubiana.
        Essere consapevoli di questi spostamenti confinari ci aiuta anche
        a capire latteggiamento dellEsercito di Liberazione
        Jugoslavo verso lItalia e i partigiani italiani.
        La storiografia italiana, quando parla di queste vicende, si
        dimentica che in questi territori cera anche una popolazione
        costituita da sloveni e croati che furono perseguitati dal fascismo
        e che fecero una guerra di liberazione non pensando, in caso
        di vittoria, di ritornare a essere di nuovo membri dello Stato
        italiano.
        Manca nella storiografia italiana, anche quella resistenziale,
        il punto di vista degli jugoslavi in merito alla questione del
        confine.
        Sono stati scritti alcuni libri come Il dolore e l'esilio.
        L'Istria e le memorie divise d'Europa di Guido Crainz in
        cui si è cercato di mettere in evidenza i sentimenti di
        sloveni e croati rispetto alle vicende di confine, ma si tratta
        di un approccio sentimentale che non prende in esame le ragioni
        degli altri.
        Dopo 8 settembre del 1943 il confine cambia ancora perché
        questi territori entrano a fare parte del Adriatische Künstenland
        (Litorale adriatico del III Reich) assieme alle attuali provincie
        di Udine e Pordenone, la provincia di Gorizia (più estesa
        di quella attuale) quella di Trieste ( più ampia di quella
        attuale) la provincia di Pola, la provincia di Fiume e la provincia
        di Lubiana.
        Tutte queste province erano amministrate dal Gauleiter (Presidentedi
        Provincia) nazista Friedrich Reiner.
        Questi territori, se avessero vinto i nazisti, non sarebbero
        tornati allItalia, perché il III Reich aveva bisogno
        di un porto importante sul Mare Adriatico e Trieste sarebbe dovuta
        diventare una sorta di Amburgo sul Mediterraneo.
        In occasione della giornata del ricordo, i neofascisti ribadiscono
        con insistenza che le formazioni della Repubblica Sociale italiana
        presenti in zona difesero l'italianità di queste terre,
        facendo finta di non ricordare che questo territorio era stato
        acquisito dai tedeschi.
        La mancanza di un confine fra il territorio italiano e il territorio
        della nuova provincia di Lubiana permetteva alla resistenza jugoslava,
        iniziata già nel 1941, di spostarsi agevolmente nella
        parte della Venezia Giulia abitata da sloveni e croati e, nel
        1942, di essere presente nelle Valli del Natisone.
        Questa "libertà di movimento" permetteva agli
        sloveni di ripristinare di fatto una unità territoriale
        che permetteva alla lotta di liberazione, nonostante la repressione
        fascista e nazista, di svilupparsi su tutto il terriorio abitato
        da sloveni. 
        Questa unità avrebbe reso più difficile per gli
        sloveni accettare nuove divisione del popolo sloveno fra stati
        diversi.
        Quando oggi si parla di confine orientale, sia qui
        da noi che nel resto dItalia, emergono argomentazioni e
        idee confuse perché pochi ricordano che il confine orientale
        si è spostato diverse volte verso est e che quindi non
        sono stati gli slavi a espandersi verso ovest occupando territori
        Italiani, ma è stato lesercito italiano che si è
        spostato ad est occupando territori abitati da sloveni, croati
        e, più a sud, da montenegrini.
        Nel 1941 lAdriatico era diventato un mare nostrum
        e lespansionismo fascista aveva portato a termine un progetto
        di controllo completo di questo mare come era stato ipotizzato
        anche dallirredentismo nazionalista prefascista.
        Cera da parte del ceto politico italiano che ha guidato
        il Risorgimento la consapevolezza che queste terre erano abitate
        anche da popolazioni non italiane, però il pensiero politico
        aveva abbandonato ben presto gli ideali democratici risorgimentali
        e aveva progressivamente adottato nei confronti delle popolazioni
        della Slavia Veneta una posizione di ostilità verso una
        comunità che non parlava italiano avviando una politica
        di snazionalizzazione.
        Una politica che vede listituzione nel 1878, ben prima
        dellavvento del fascismo, dellIstituto Magistrale
        di San Pietro al Natisone che doveva preparare maestri che italianizzassero
        il territorio insegnando la lingua italiana e la civiltà
        italiana contrastando luso della parlata locale.
        Questo desiderio di italianizzare il territorio si accompagnava
        anche a un sentimento di disprezzo che portava a descrivere gli
        slavi come barbari, senza tradizione, senza senso della nazionalità,
        facilmente assimilabili e contenti e grati di esser accettati
        nella comunità italiana.
        Lessere appartenuta alla Repubblica di Venezia, che ebbe
        nei confronti degli sloveni delle Valli del Natisone un atteggiamento
        pragmatico chiedendo in pratica solo la difesa del confine orientale
        della Serenissima e lasciando le tradizioni amministrative locali,
        favorì ladesione allItalia della Benecija.
         Dopo
        la I Guerra Mondiale, con lavvento del fascismo, la situazione
        divenne più difficile.
Dopo
        la I Guerra Mondiale, con lavvento del fascismo, la situazione
        divenne più difficile.
        Litalianizzazione forzata nelle Valli del Natisone, portata
        avanti già prima della I Guerra Mondiale e sostenuta dallirredentismo
        italiano e soprattutto quello triestino, subì una ulteriore
        accelerazione.
        Per irredentismo si intende quel sentimento nazionalista presente
        nella piccola borghesia cittadina della Venezia Giulia che comprendeva
        persone (non soltanto di origine italiana) che avevano scelto
        politicamente e culturalmente le parti dellItalia.
        Questi irredentisti ritenevano di dover completare il Risorgimento
        italiano conquistando quella parte dellAustria Ungheria
        che erano abitate da cittadini che erano considerati italiani,
        usavano le lingue romanze e avevano una tradizione che faceva
        riferimento lItalia.
        Nel desiderare lunione allItalia di queste popolazioni
        definite irredente, non si teneva conto che in alcune aree del
        confine orientale la popolazione non era costituita solo da italiani,
        ma cera una percentuale superiore al 50% di sloveni e croati.
        Se riflettiamo sul termine terre irredente capiamo
        che ci troviamo a che fare con terre che dovevano conquistare
        una redenzione, un termine che ha più a che fare con la
        spiritualità, la religiosità che con la politica.
        Questa impronta religiosa la troviamo anche in parole (es.: sacri
        confini) che assumono un carattere che trascende la politica,
        diventando termini che hanno a che fare con lemotività,
        laffettività e che entrano profondamente nel cuore
        delle persone che credevano in questo ideale di italianità.
        Se non si capisce questo è difficile capire perché
        questi irredentisti divennero poi in gran parte fascisti, scatenandosi
        spietatamente contro gli slavi che non accettavano di essere
        assimilati. Spesso si fa la distinzione fra il nazismo, descritto
        come movimento esclusivo per cui chi non era ariano non poteva
        fare parte della comunità, e l'irredentismo (e in seguito
        il fascismo) che sarebbe stato inclusivo, non basandosi per la
        discriminazione su basi genetiche, ma su basi culturali per cui
        anche uno slavo poteva diventare italiano se sceglieva di esserlo.
        I n
        realtà le cose non stanno così nemmeno quando si
        parla di italianità adriatica inclusiva perché,
        se leggiamo gli scritti di alcuni irredentisti triestini come
        Ruggero Timeus Fauro, un nazionalista estremo, scopriamo che
        leliminazione della componente slava dal territorio della
        Venezia Giulia era l'unica opzione possibile.
n
        realtà le cose non stanno così nemmeno quando si
        parla di italianità adriatica inclusiva perché,
        se leggiamo gli scritti di alcuni irredentisti triestini come
        Ruggero Timeus Fauro, un nazionalista estremo, scopriamo che
        leliminazione della componente slava dal territorio della
        Venezia Giulia era l'unica opzione possibile.
        Il pensiero radicale di Timeus fu fatto proprio dal fascismo
        che ben presto assunse un atteggiamento molto duro nei confronti
        degli slavi. Nel primo dopoguerra gli abitanti della allora Venezia
        Giulia erano per la maggioranza sloveni e croati, ma questo fatto
        non era preso in considerazione dagli irredentisti che erano
        diventati il ceto dirigente italiano.
        La Giornata del Ricordo si fonda su una conoscenza della storia,
        ad essere benevoli, precaria e credo che, se si conoscessero
        bene le vicende del confine orientale, non udiremmo molte delle
        stupidaggini che vengono declamate il 10 febbraio.
        E' difficile approfondire in modo corretto la storia di questi
        territori e anche i libri di storia di uso scolastico si sono
        adeguati alla contingenza politica parlando quasi solo di foibe
        e citando numeri spesso fantasiosi e pompati verso lalto.
        (
)
        Gli sloveni della Venezia Giulia nel corso della II Guerra mondiale,
        dopo il 1941 si ritrovarono a combattere con gli sloveni della
        provincia italiana di Lubiana che erano già impegnati
        nella Guerra di Liberazione.
        Nel 1942 si aggregarono ai partigiani sloveni anche dei partigiani
        italiani, perché lEsercito di Liberazione Jugoslavo
        fu fin da subito un esercito composto da tante nazionalità.
        Se Tito è riuscito a tenere assieme nella lotta partigiana
        tante nazionalità è perché ha dato la garanzia
        a tutte le nazionalità di essere rappresentate.
        La situazione jugoslava era difficile perché, oltre a
        comprendere molte nazionalità, dal punto di vista internazionale
        una sua parte, la Serbia, era uscita vincitrice della I Guerra
        Mondiale, ma una seconda parte, la Slovenia e la Croazia, facenti
        parte dellImpero Austro-Ungarico, era stata dalla parte
        degli sconfitti. Il Regno di Jugoslavia, proprio perché
        aveva un nucleo importante rappresentato dalla Serbia, veniva
        considerato un paese vincitore.
        Alla fine della I Guerra Mondiale il confine orientale era conteso
        fra Regno dItalia e Regno dei Serbi, dei Croati e degli
        Sloveni (dal 1929 denominato Regno di Jugoslavia).
         LItalia
        era entrata in guerra a seguito di un patto segreto firmato a
        Londra che prometteva allItalia, con la sconfessione dellalleanza
        con Austria e Germania e lentrata in guerra a fianco di
        Francia e Inghilterra, le terre irredente dellIstria e
        una parte delle isole dalmate. Però questo passaggio di
        territori, con la formazione del nuovo Regno dei Serbi, dei Croati
        e degli Sloveni non era più facile da effettuare specie
        dopo che, con lingresso degli USA nella I Guerra Mondiale,
        la dottrina Wilson imponeva che le nazionalità fossero
        il più possibile inserite in uno stato nazionale.
LItalia
        era entrata in guerra a seguito di un patto segreto firmato a
        Londra che prometteva allItalia, con la sconfessione dellalleanza
        con Austria e Germania e lentrata in guerra a fianco di
        Francia e Inghilterra, le terre irredente dellIstria e
        una parte delle isole dalmate. Però questo passaggio di
        territori, con la formazione del nuovo Regno dei Serbi, dei Croati
        e degli Sloveni non era più facile da effettuare specie
        dopo che, con lingresso degli USA nella I Guerra Mondiale,
        la dottrina Wilson imponeva che le nazionalità fossero
        il più possibile inserite in uno stato nazionale.
        Questo territorio fin da subito fu conteso e, i nazionalisti
        prima e i fascisti poi, parlarono di vittoria mutilata quando
        le richieste italiane furono accolte solo in parte.
        La grande tensione in questi territori quindi cominciò
        subito dopo la fine della guerra del 1915-1918 e questo può
        anche spiegare, non giustificare, la recrudescenza dellatteggiamento
        negativo delle autorità italiane nei confronti degli sloveni
        e dei croati del territorio, visti quasi come un nemico interno.
        Le stesse richieste di aver scuole nella propria lingua e di
        poter usare la propria lingua negli uffici pubblici venivano
        considerate come un affronto.
        Il Provveditorato scolastico di Udine, già prima della
        guerra, aveva considerato molto disdicevole il fatto che nelle
        scuole delle Valli del Natisone, specie con i bambini più
        piccoli, si usasse la parlata locale slovena, quasi che sapere
        una altra lingua fosse un pericolo per il solo fatto che della
        gente la parlasse.
        Questo sentimento antislavo avrebbe ben presto alimentato numerosi
        pregiudizi che avrebbero poi prodotto nel II dopoguerra la formazione
        nelle Valli del Natisone di una organizzazione clandestina che
        agiva anche contro coloro che solo avessero voluto usare lo sloveno
        nelle istituzioni pubbliche. I Tricoloristi, così si definivano,
        avevano un bollettino distribuito in queste terre nel 1946-1947,
        Il tricolore il cui linguaggio è interessante
        perché da lidea di come qui fosse in corso un conflitto
        molto duro. Lombra oscura del teutone invasore,
        da un anno è per sempre svanita dietro alle immacolate
        vette alpine. Dopo la spaventosa bufera è ritornato a
        brillare libero il sole. Un anno di libertà è trascorso,
        ma non per noi! Per noi non è giunta ancora la liberazione.
        Là, nelle tane balcaniche, rugge ancora il mostro spaventoso
        con gli artigli in cerca di preda e con lo sguardo avido su noi
        e sulle nostre terre. Un nemico è stato abbattuto, ma
        un altro, più terribile, ci resta ancora da combattere
        e vincere, e noi dobbiamo combatterlo e vincerlo nel nome dItalia.
        Solo allora verrà per noi la liberazione.
        Quanto scritto sul Tricolore era in piena continuità con
        il modo di agire e pensare nei confronti delle minoranze del
        ventennio fascista che prevedeva una italianizzazione forzata
        anche fin dentro la famiglia. Questo processo di italianizzazione
        raggiunse il suo apice nel 1929 con il Concordato fra Stato e
        Chiesa che spinse le gerarchie ecclesiastiche ad adeguarsi ad
        alcuni diktat del fascismo imponendo ad esempio luso dellitaliano
        anche nella liturgia e nellinsegnamento della dottrina
        cattolica.
        Lallora arcivescovo di Udine Giuseppe Nogara, che aveva
        sotto la sua giurisdizione anche le parrocchie delle Valli del
        Natisone, si adeguò del tutto permettendo, solo temporaneamente,
        luso della parlata slovena delle Valli per un breve riassunto
        dellomelia.
        Molti preti nelle Valli e nella Venezia Giulia sentirono il peso
        di queste imposizioni ed ebbero un ruolo importante nella difesa
        della lingua locale.
        Già nel 1913 i parroci delle Valli del Natisone scrissero
        una lettera a Roma per segnalare che nel Santuario di Castelmonte
        tutti i sacerdoti bilingui o trilingui erano stati sostituiti
        da frati cappuccini che venivano dal Veneto e dal Friuli che
        non conoscevano la parlata locale. Poteva succedere quindi che
        molti valligiani sentissero il bisogno di riconfessarsi presso
        il propri parroci perché  temevano
        di non essersi spiegati bene e di non aver capito bene le indicazioni
        dei confessori italiani di Castelmonte. Ma quello che non riuscivano
        a capire era il perché non potevano usare nella pratica
        religiosa una lingua che fino ad allora avevano usato regolarmente.
temevano
        di non essersi spiegati bene e di non aver capito bene le indicazioni
        dei confessori italiani di Castelmonte. Ma quello che non riuscivano
        a capire era il perché non potevano usare nella pratica
        religiosa una lingua che fino ad allora avevano usato regolarmente.
        Molti sacerdoti anche nel Collio, nella valle dellIsonzo,
        nella Venezia Giulia e nellIstria si ribellarono a queste
        imposizioni e furono perseguitati dal fascismo e in qualche caso
        confinati.
        Il Partito dAzione viene considerato come un partito laico,
        radicale e repubblicano con un ruolo importante nella Resistenza
        italiana. Nel Triestino, il Partito dAzione fu però
        assolutamente nazionalista e propugnò nel II dopoguerra
        una forte separazione nazionale fra italiani e sloveni. La cosa
        che colpiva la resistenza jugoslava è che il Partito dAzione
        aveva nei confronti del confine orientale una posizione estremamente
        reazionaria sostenendo fino dal 1943 la sua intangibilità.
        Fu lo stesso Partito dAzione a cominciare a parlare a Trieste
        di rapacità slava ed Ercole Miani, un suo esponente triestino
        di rilievo, nellagosto del 1943, parlava di imperialismo
        slavo e sosteneva la necessità di difendere il confine
        contro tutti i nemici, tedeschi o slavi che fossero.
        Questo atteggiamento minava la fiducia dei partigiani sloveni
        nei confronti della Resistenza italiana perché le posizioni
        allinterno della Resistenza apparivano diverse anche se
        il CLN Alta Italia (organismo politico multipartitico della Resistenza)
        e CVL (organismo militare legato al CLN) era sempre stato favorevole
        alla collaborazione fra partigiani italiani e sloveni e non ha
        mai prodotto un documento che proponesse una rottura fra i due
        movimenti resistenziali, neppure quando la divisione Garibaldi
        Natisone passò, nel novembre del 1944, sotto il comando
        operativo del IX Corpus. Spesso i comandanti della Garibaldi
        Natisone, Giovanni Padoan Vanni" e Mario Fantini Sasso
        sono stati accusati di essere stati traditori e anti italiani
        dimenticando che lEsercito di Liberazione Jugoslavo era
        un esercito alleato che faceva parte della coalizione con USA,
        Gran Bretagna, Francia e URSS e che le questioni del confine
        sarebbero state discusse a guerra terminata in sede di trattative
        di pace.
         Lo
        stesso passaggio della Garibaldi Natisone sotto il IX Corpus
        poteva riscattare lonore dellItalia infangato dallaggressione
        alla Jugoslavia, perché permetteva di sostenere che linvasione
        era stata innanzitutto un atto del regime fascista che non coinvolgeva
        tutto il popolo italiano. Questo ha consentito, in sede di trattativa
        post bellica, di riconoscere allItalia alcuni meriti e
        forse è anche grazie alla Resistenza e alla collaborazione
        fra partigiani italiani e sloveni che, nonostante le aggressioni
        fasciste alla Francia, alla Grecia, alla Jugoslavia e alla Russia,
        che abbiamo subito una punizione molto meno dura di quella riservata
        alla Germania nel dopoguerra.
Lo
        stesso passaggio della Garibaldi Natisone sotto il IX Corpus
        poteva riscattare lonore dellItalia infangato dallaggressione
        alla Jugoslavia, perché permetteva di sostenere che linvasione
        era stata innanzitutto un atto del regime fascista che non coinvolgeva
        tutto il popolo italiano. Questo ha consentito, in sede di trattativa
        post bellica, di riconoscere allItalia alcuni meriti e
        forse è anche grazie alla Resistenza e alla collaborazione
        fra partigiani italiani e sloveni che, nonostante le aggressioni
        fasciste alla Francia, alla Grecia, alla Jugoslavia e alla Russia,
        che abbiamo subito una punizione molto meno dura di quella riservata
        alla Germania nel dopoguerra.
        Questa collaborazione fra partigiani fu in un secondo momento
        considerata una forma di tradimento; i tempi stavano cambiando
        e anche al causa del revisionismo storico salito in auge negli
        anni 90, la Jugoslavia veniva descritta come un nemico
        non solo dellItalia prima dell8 settembre, ma anche
        dellItalia della Resistenza.
        La questione del confine era una questione vera perché
        Italia e Jugoslavia avevano degli interessi diversi sullo stesso
        territorio ed è logico che il problema sarebbe potuto
        essere risolto non soltanto definendo il confine netto fra due
        stati.
        Ebbe un certo successo lidea di costituire in queste zone
        una specie di Svizzera multinazionale che avrebbe permesso una
        convivenza fra varie culture con vantaggi anche economici per
        il porto di Trieste che avrebbe avuto un ruolo importante negli
        scambi economici con il Centro Europa.
        Questa posizione ebbe il sostegno anche di alcuni esponenti della
        alta borghesia e in questo senso andava anche listituzione
        del TLT (Territorio Libero di Trieste) con zona A e B unite in
        una unica entità territoriale.
         Il
        TLT divenne invece uno stratagemma politico per non affrontare
        subito dopo la guerra la questione del confine in un contesto
        complessivo internazionale che si stava complicando.
Il
        TLT divenne invece uno stratagemma politico per non affrontare
        subito dopo la guerra la questione del confine in un contesto
        complessivo internazionale che si stava complicando.
        (...)
        Un grosso problema è stato creato dal Presidente del Consiglio
        Europeo Antonio Tajani che, il 10 febbraio di questanno
        (2019), nel suo discorso alla foiba di Basovizza, ha inneggiato
        alla Istria e alla Dalmazia italiana, producendo un incidente
        diplomatico, non il primo, con Slovenia e Croazia.
        La cosa è stata minimizzata, anche se io credo che questi
        episodi non siano frutto di un incontrollato impeto retorico,
        ma siano ben studiati in un contesto che ha visto rinascere il
        revanchismo specie da parte di alcune organizzazioni di esuli
        dalmati e istriani che hanno tessuto relazioni con analoghe associazione
        esuli tedeschi dallEuropa orientale. Le idee di questi
        gruppi sono un pericolo per la pace specie ora che le istituzioni
        europee stanno attraversando un momento delicato.
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