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ANPI
Cividale del Friuli

fonti slovene e fonti alleate attorno alla Liberazione di Cividale

relazione del prof. Gorazd Bajc

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Mi è stato chiesto di parlare della Liberazione di Cividale presentando le fonti slovene in merito (la Resistenza slovena faceva parte dell’esercito jugoslavo) e fonti degli alleati
Una premessa è necessaria, il mio intento non è volto a parlare solo della liberazione di Cividale, ma vuole proporre delle linea di lettura degli eventi del aprile-maggio 1945 partendo dalla storiografia (ovvero storiografie) che si sono occupate della questione.
Devo precisare che per me c’è una sola storiografia che può tuttalpiù essere divisa in una storiografia di qualità o meno. In passato ci sono state più storiografie spesso distinte e talvolta distanti, come le storiografie nazionali.
Dando una breve occhiata alla storiografia, ovvero alle storiografie del passato, ci troviamo per l’ennesima volta di fronte al problema della loro incomunicabilità. La storiografia prendeva in considerazione quasi esclusivamente le proprie fonti e prendeva in considerazione i lavori di colleghi della propria storiografia così che possiamo leggere versioni molte diverse dei medesimi fatti.
Non si trattava di diverse interpretazioni, ma di incomunicabilità; niente di molto diverso per quanto riguarda la liberazione di Cividale e dintorni.
Parlare della liberazione ossia dell’atto finale della II Guerra Mondiale, significa parlare di un momento molto caotico quando le comunicazioni non erano del tutto efficienti e i vari comandi non potevano esser aggiornati rapidamente sui fatti.
Per capire il 1 maggio 1945 a Cividale e dintorni, bisogna vedere il contesto in cui si sono svolti i fatti.
L’armistizio del 8 settembre 1943 segna l’inizio del disfacimento della presenza italiana non solo nella Provincia di Lubiana, ma anche nella Venezia Giulia. Mentre il movimento partigiano in Slovenia e nel resto della Jugoslavia si era molto rinvigorito, l’esercito italiano non aveva una consistenza militare in grado di opporsi alla vittoria della Resistenza guidata da Tito.
Parecchi italiani della Venezia Giulia, soprattutto comunisti, si erano riuniti alla Resistenza slovena e jugoslava che dal 1944 gli alleati consideravano in tutto e per tutto esercito regolare alleato.
Di pari passo con il dilagante timore di perdere territori, all’interno della composita resistenza italiana riunita attorno al CLN, inizIarono a vacillare i rapporti con il PCI.
Per contro in Jugoslavia andavano rafforzandosi le posizione dei partigiani che chiedevano la revisione del confine e rivendicavano il diritto all’occupazione intera Venezia Giulia.
Per la prima volta nella storia, gli sloveni nell’ambito del Fronte di Liberazione disponevano di rimarchevoli forze militari viste con timore dai vertici militari italiani e per la prima volta gli alleati angloamericani, volenti o nolenti, dovevano tenerne conto e averne rispetto sul piano militare.
Chi avversava l’idea della revisione del confina italo-jugoslavo inizia a vivere una preoccupante attesa della fine del conflitto interrogandosi su cosa sarebbe successo se gli partigiani avessero occupato per primi il Litorale, l’Istria e la Venezia Giulia.
Questo era molto chiaro agli alleati occidentali. Gli alleati angloamericani avevano come obiettivo l’occupazione di tutto il territorio italiano nei confini allora in vigore.
Gli angloamericani non erano interessati alla resa in questo territorio di tutti i nemici perché temevano che questo potesse favorire l’avanzata armata rossa.
Gli angloamericani temevano inoltre che si potessero formare dei gruppi speciali nazifascisti di sabotatori che avrebbero agito alle loro spalle.
Comunque questi timori si affievolirono quando anche attraverso la decriptazione dei messaggi nemici capirono che le armate tedesche avrebbero combattuto fino alla fine.
Gli angloamericani temevano che in questo territorio potesse scoppiare una nuova guerra fra Italia e Jugoslavia.
I vertici del PC sloveno si rendevano conto che nel 1944 e agli inizi del 1945 l’atteggiamento dei partigiani in loco nei confronti della popolazione della Benecija era stato troppo severo e questo non favoriva l’adesione alle formazioni partigiane slovene.
Alcuni documenti invece segnalano come nella Benecija ci sia il rischio concreto che L’Osoppo prenda le redini del potere.
Documenti al massimo livello delle autorità partigiane slovene, ma anche a livello medio e basso segnalano che i rapporti con gli osovani sono molto complicati; non si fidano, addirittura nella documentazione del servizio segreto partigiano c’è la sicurezza che gli osovani siano in combutta con gli occupatori, nemico.
Circa la liberazione di Cividale Edvard Kardelj riceve la notizia che i partigiani sloveni avrebbero liberato Cividale. Si parla di partigiani sloveni del luogo e non di partigiani jugoslavi.
Documenti provenienti da Belgrado e Lubiana riferiscono che unità del IX Korpus stanno liberando il territorio di Cividale e di Gemona. La IV Armata jugoslava riferisce ai vertici massimi che unità del IX Korpus hanno liberato Cividale (documento scritto in lingua serbocroata). Nei documenti si nota che i vertici non erano al corrente di tutti gli avvenimenti, i dati sono scarni e non ci sono molti informazioni. Ci vogliono due settimane prima che i partigiani facciano avere ai vertici una relazione dei fatti.
Il 4 marzo del 45 si segnala che unità slovene sono presenti nella zona di Gemona, Tarcento, Caporetto, Udine e Cividale.
Questi documenti segnalano la presenza di cetnici (una formazione collaborazionista) a Cormons.
Le varie formazioni collaborazioniste all’avvicinarsi della fine della guerra stavano diventando un problema per l’esercito jugoslavo ma anche per gli alleati.
Alcuni fra gli alleati volevano approfittare dei cetnici per fermare Tito, altri ritenevano questa azione politica un suicidio politico; prevalse alla fine la linea di lasciarli stare. Se poi avessero cercato loro di fermare Tito i vertici angloamericani non se ne sarebbero dispiaciuti troppo.
I cetnici finiti in Italia furono evacuati dagli angloamericani e non fecero la fine dei collaborazionisti rifugiatisi in Carinzia che, dopo la resa, furono consegnati agli jugoslavi e da questi eliminati.
La relazione di Thomas Mc Person, un ufficiale inglese, del luglio 1945 afferma che Cividale fu liberata dagli osovani e che gli sloveni sarebbero arrivati con gli alleati.
Non c’è una versione univoca dei fatti, le fonti slovene e jugoslave non sembrano lasciare dubbi su chi ha liberato Cividale anche se poi leggendole troviamo dati differenti sull’ora di arrivo in città e sul numero di prigionieri.
Due memorie messe a mia disposizione da Zdravko Likar del 1986 e del 1994, scritte in contesti diversi, se confrontate con altri documenti confermerebbero la liberazione da parte jugoslava di Cividale. Non mancano anche qui delle divergenze
Una lettera di “Josko” (Giuseppe Osgnach) a Božo Zuanella del 1994 segnala di non ricordare se i fatti relativi alla liberazione di Cividale si fossero svolti il 30 aprile o il 1 maggio.
La cosa essenziale per la storia non è sapere chi è stato il primo, forse è più significativo sapere che molte forze hanno combattuto qui il nazifascismo.
Tutte le fonti alleate, nel senso più largo, si sono trovate d’accordo nel parlare delle forze tedesche come forze numerose e combattive.
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