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Indubbiamente le forme e i modi con cui è avvenuta la
liberazione di Cividale sono ancora oggi oggetto di differenti
letture e anche di contrapposizioni.
Lo sono state nei giorni immediatamente successivi alle vicende
in questione e negli anni a seguire, risentendo del clima conflittuale
del dopoguerra, delle contrapposizioni politiche e ideologiche
che si sono riprodotte anche in tempi più recenti.
Le polemiche e le contrapposizioni non devono avere spazio nella
ricostruzione storica, ma ne condizionano inevitabilmente lapproccio.
Nel caso specifico ci troviamo di fronte a fonti documentali
coeve o testimoniali successive, a più o meno breve distanza
dai fatti, che sono solo in parte coincidenti e spesso sono contradittorie.
Le testimonianze successive, che non sono poche, risentono fortemente
del clima di contrapposizione del dopoguerra, ma anche la documentazione
coeva presenta contraddizioni, incongruenze e interpretazioni
parziali dei fatti.
Bisogna tenere presente che anche un documento originale risente
del contesto in cui è stato redatto, del carattere e della
personalità di chi lo redige, delle finalità di
che lo redige e anche del destinatario che spesso si vuole compiacere.
La quantità di relazioni partigiane, di memorie e di testimonianze
di vario genere è piuttosto ampia e, in questo contesto,
il compito dello studioso è quello di discriminare il
materiale a disposizione, confrontare, razionalizzare e trovare
una linea interpretativa. Questo non è né facile
né immediato e non può portare a una oggettività
di tipo notarile; lo storico fa delle scelte e percorre delle
vie che sono anche personali.
Questa premessa era necessaria anche per spiegare il modo in
cui ho svolto il mio lavoro di ricerca storica sulla Liberazione
di Cividale.
Comincerei
illustrando preliminarmente le condizioni di Cividale e del suo
territorio almeno negli ultimi mesi di guerra. Cividale era un
centro militarmente importante, contemporaneamente una sorta
di retrovia e un centro operativo dallaltro. In città
erano insediati vari reparti di occupazione con compiti antipartigiani
e repressivi e tristemente note sono le cosiddette Fosse del
Natisone site dietro la caserma Principe di Piemonte
(lattuale caserma Francescatto). Negli ultimi mesi di guerra
nella caserma Principe di Piemonte era insediata una compagnia
di panzerjäger tedeschi con alcuni carri armati e, dallaprile
del 1944, un reggimento di cavalleria cosacca.
Ai primi di aprile si era trasferita dalla valle dellIsonzo
a San Pietro al Natisone la Compagnia Comando e un battaglione
di alpini del Reggimento Alpini Tagliamento della RSI.
Nellaprile del 1945 vanno segnalati almeno altri 4 insediamenti
di tedeschi e cosacchi a Cividale. Limportanza dellarea
è sottolineata da due progetti mai resi operativi: il
trasferimento di Mussolini in queste zone in caso di sbarco o
di una avanzata veloce dei alleati e lo spostamento dello stresso
Comando della polizia SS di Trieste agli ordini di Globocnik
in caso di sbarco alleato nel nord dellAdriatico.
Negli ultimi giorni di aprile i tedeschi si ritirano verso la
Pontebbana e verso Caporetto e proprio in quei ultimi giorni
le unità eseguono delle manovre relative alla gestione
delle forze militari che sono significative per il caso che ci
riguarda.
Le truppe tedesche del Nordest passano sotto il comando delle
truppe armate del Sudest, quelle competenti per la Slovenia e
lAustria meridionale
Per i soldati tedeschi e loro soci in questa zona non valeva
quindi la resa che si stava preparando per le truppe tedesche
del resto dItalia che sarebbe stata portata a conoscenza
dei reparti il primo maggio 1945.
Nei ultimi giorni di aprile a Cividale cresce la pressione tedesca
sul territorio con il coprifuoco, con lallestimento di
posti di blocco, controlli sulla popolazione, sulle vie di accesso,
.
I partigiani erano presenti nel territorio attorno a Cividale
verso Tarcento, verso Cormons e nelle valli del Natisone. La
Brigata Picelli Tagliamento dalle prealpi carniche, dopo vari
spostamenti, si colloca in quei giorni fra Albana e Scrio contando,
secondo le loro fonti, circa 400 uomini. Cè il centro
di mobilitazione della Natisone (una derivazione della Natisone
sposatatasi oltre lIsonzo) che si organizza autonomamente
con altre forze presenti quali GAP , SAP e gruppi di polizia
partigiana (circa 400 uomini), poi cè la VII Brigata
dellOsoppo costituitasi sulla carta a fine febbraio, ma
di fatto operativa dal metà del mese di marzo con difficoltà
di reclutamento ammesse dai loro stessi responsabi. Cè
poi la resistenza slovena del Beneki Bataljon già
Beneka Ceta che dipende dal comando territoriale di Caporetto.
Non sono molti e i commissari politici del IX Korpus rilevano
la difficoltà a far prendere piede al potete popolare
e la preferenza dei valligiani ad arruolarsi nelle formazioni
partigiane italiane.
Tutte le formazioni partigiane risentono pesantemente della controffensiva
militare dei tedeschi dellautunno-inverno, fanno fatica
a riprendersi e molte sembrano muoversi ognuna per conto proprio
senza un vero coordinamento.
A fine aprile i giorni sono freneteci, ci sono scontri e il Centro
di Mobilitazione delle Valli del Natisone accetta la resa del
battaglione collaborazionista San Giusto da cui prendono mezzi
e i piccoli carriarmati R con cui provano ad entrare a Cividale
contando sul fatto che I panzeri tedeschi erano senza benzina.
Ma notte tempo la benzina era arrivata da Udine e i carri tedeschi
rincorrono i due piccoli carri R per il centro di Cividale. Il
tentativo di attacco fatto contando sui mezzi presi al battaglione
San Giusto fallisce anche perché organizzato in modo affrettato.
Molto confusa appare la vicenda riguardante lo sviluppo delle
trattave fra il Reggimento Alpini Tagliamento e la VII Brigata
Osoppo.
Le fonti e le informazioni non ci permettono di ricostruire con
precisione i fatti. La ricostruzione più articolata è
quella del prof. Tarcisio Petracco, che fra laltro è
stato mio professore al liceo e che ho stimato per la sua competenza
professionale e per le qualità umane, pur essendo spesso
in disaccordo con lui sul modo di approcciarsi a molte vicende
storiche.
Il Battaglione Alpini Tagliamento, creata dopo l8 settembre
dal colonnello Ermacora Zuliani con compiti principalmente di
controllo dellordine pubblico, era la più massiccia
formazione collaborazionista presente in Friuli,
Passa
quasi subito sotto il controllo del comando di polizia delle
SS del Litorale Adriatico e viene quindi sottoposto alle disposizioni
di questo per tutti
i suoi interventi. Pur con le insegne della RSI facevano parte
organica del dispositivo repressivo tedesco dellAdriatische
Kunstenland.
Inizialmente opera nella zona di Artegna poi verso la Pedemontana
e ha avuto un discreto numero di elementi specie dopo la pubblicazione
dei bandi per il lavoro obligatorio. I bandi spaventavano la
popolazione maschile e ladesione al Battaglione Tagliamento
era per molti lunica fonte di redditto. Il reclutamento
ebbe successo specie nelle zone povere del Friuli anche se poi
molti componenti durante le operazioni scappavano. Il nome definitivo
fu dato alla fine del aprile 1944 come Reggimento Volontari Friulani
Alpini Tagliamento diventando subito dopo Reggimento Alpini Tagliamento.
A maggio del 1944 sembra avesse un organico di circa 1500 componenti
anche se a fine ottobre questo si era ridotto a circa 800 uomini.
Una informativa al comando di piazza tedesco, probabilmente proveniente
dal comando militare provinciale di Udine che era molto critico
nei confronti del Reggimento Alpini Tagliamento segnala che i
soldati del battaglione sono pagati mali, hanno poco da mangiare,
scappavano con i partigiani o in altri reparti dove venivano
trattati meglio. Molti ufficiali erano stati allontanati dai
tedeschi e il colonnello Zuliani era in odore di arresto perché
spesso ubriaco e perché faceva gli interessi propri.
Da un documento del marzo 1945 del comando della Tagliamento
risulta che gli effettivi si erano ridotti a 700 unità
perché gli altri erano scappati. Nel maggio del 1944 tutto
il reparto venne trasferito nella valle dellisonzo e nella
valle del Baca lungo il percorso di ferrovie e strade che salivano
verso lAustria meridionale. In questi luoghi si svolsero
scontri durissimi con partigiani sloveni in cui furono coinvolti
altri reparti della RSI, tedeschi e collaborazionisti con un
grande impegno anche dei partigiani della Natisone. A fine febbraio-metà
marzo gli uomini della Tagliamento cominciano a spostarsi, almeno
una parte, verso le Valli del Natisone portandosi da Tolmino
a San Pietro al Natisone. Si parla di 1150 uomini anche se pare
fossero solo la metà. Nelle memorie del prof. Tarcisio
Petracco si dice che il 27 aprile incontra il colonnello Zuliani
al comando di San Pietro a Natisone. Ci va con Aldo Specogna
che era il comandante mentre Petracco era il delegato politico.
Nel luogo dellincontro trova il garibaldini come se avessero
saputo dellincontro e fossero arrivati prima. In quei giorni
(27 e 28 aprile), si cerca di trovare una soluzione per armi
e resa e ci si accorda per una spartizione delle armi (anche
artiglieria) e degli uomini. La spartizione delle armi sembra
interessare di più della spartizione degli uomini.
Però cè una testimonianza che si riferisce
al 25 aprile riporatata successivamente in un articolo di Candotti.
Riguarda la Picelli che afferma di aver trovato a San Pietro
al Natisone i soldati della Tagliamento con il fazzoletto verde.
Gli osovani garantiscono che gli alpini sono a stretto contatto
con loro e devono considerarsi partigiani. Viene chiesto agli
osovani di consegnare gli ufficiali responsabili dei rastrellamenti;
la risposta e negativa e gli osovani lasciano fuggire gli ufficiali
incriminati.
Attorno al 28 alla scuola dove sono acquartierati quelli della
Tagliamento cè un nuovo incontro fra i garibaldini
della Picelli che volevano portarsi via il maresciallo Spollero
e la sua banda, noti persecutori di partigiani. Cè
in merito uno scontro duro perché gli osovani non acconsentono
alla richiesta. Spollero e la sua banda fuggiranno nella notte.
Guardando su alcuni fonti di archivio nella data in cui Petracco
e Specogna sarebbero stati convocati dal colonnello Ermacora
a San Pietro al Natisone compare un messaggio del comando di
tutta lOsoppo in cui si afferma che il colonnello Zuliani
intende consegnarsi alla Osoppo e dispone che entro il 28 aprile
vengano trasferiti verso la zona di Faedis tutti i militari repubblichini
con disposizione di disporre gli ufficiali da una parte, i soldati
di truppa da unaltra parte, vedere se fra questi ultimi
cè chi vuole arruolarsi nella Osoppo e trattare
gli altri come prigionieri di guerra. Il tutto con indicazioni
precise sui percorsi da fare, con lindicazione che siano
accompagnati da uomini armati, ...
Se questa documentazione datata 27 è valida, vuol dire
che gli accordi fra lOsoppo e la Tagliamento erano stati
fatti al vertice e che Petracco e Specogna avevano solo un compito
esecutivo.
In documenti datati il 28 aprile si dice che non non è
possibile procedere al trasferimento perché i tedeschi
sono presenti sulle strade. I messaggi arrivano veloci e Specogna
dice di aver ricevuto alle 15.30 lordine di trasferire
la Tagliamento ad Attimis.
In quella data si mette daccordo con i garibaldini per
la spartizione delle armi e il giorno 30 aprile accusa ricevuta
della cassa del reggimento con circa 400 mila lire. Sempre in
quella data cè il verbale di consegna della armi
alla Picelli-Tagliamento da parte della VII Osoppo.
In alcuni appunti di Petracco emerge il timore che, accompagnando
alcune centinaia repubblichini della Tagliamento, questi possano
scappare. Emerge il bisogno di fare numero quando si svolgerà
lattacco a Cividale (28 aprile - 1 maggio) e questi servono
anche perché hanno lartiglieria necessaria per colpire
i carri tedeschi che escono dalla caserma Principe di Piemonte.
Altro discorso è la questione della sfilata. A partecipare
la sfilata non è chiaro quanti siano stati, certo non
potevano essere 250 anche perché probabilmente molti della
Tagliamento erano filati via.
Il Beneki Bataljon arriva a Cividale il pomeriggio del
1 maggio, dopo larrivo dei garibaldini e di una parte degli
osovani, e mettono la bandiera sul municipo.
Era reale il pericolo slavo temuto anche da Petracco? Il Beneki
Bataljon era una piccola formazione (100 forse 200 componenti),
avevano difficoltà con la popolazione, non erano in grado
di sconfiggere i tedeschi e occupare Cividale e dintorni. Larmata
jugoslava era impegnata a Trieste e Gorizia e nella Carinzia
meridonale e non era molto interessata a Cividale e San Pietro
al Natisone. Linvasione jugoslava non era allordine
del giorno.
Testimonianze successive dicono che il Beneki Bataljon
arriva a Cividale, dopo alcune scaramucce, la mattina del 1 maggio
e issano la bandiera jugoslava sul municipio.
Le testimonianze successive sono volte a mettere in buona luce
il loro operato. Le contraddizioni fra le fonti sono tali da
impedire una ricostruzione oggettiva e la sola cosa che emerge
con chiarezza è uno scarsissimo coordinamento fra le forze
che vogliono entrare in Cividale. Molte ricostruzioni sembrano
avere una motivazione propagandistica e, come diremmo oggi, di
immagine.
Gli alleati arrivano a Cividale il 2 maggio e in quei giorni
si fa festa.
Nella sfilata del 2 maggio sul municipio saranno esposte 4 bandiere:
quella italiana, quella jugoslava quella della Gran Bretagna
e quella degli Stati Uniti.
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