Ringrazio il Comune di Cividale, il sindaco e lANPI
per avermi invitato a questa importante commemorazione.
Ripercorrendo
la storia di quanto successo a Cividale e nel territorio vicino,
durante il periodo più duro della guerra, dallarmistizio
del 8 settembre 1943 con loccupazione nazista del territorio
e lannessione allAdriatiscehes Künstenland,
alla Liberazione del maggio 1945, il sentimento che ho provato
è di profonda commozione e sconcerto. Oggi ricordiamo
luccisione di 8 partigiani, italiani e sloveni, fucilati
il 18 dicembre 1944, che, insieme ai 6 di Gemona, morirono per
una rappresaglia nazifascista causata dalla morte di 8 militari
del Quinto reggimento Milizia Difesa territoriale.
Sappiamo che i corpi degli 8 partigiani furono esposti alla cittadinanza:
essi dovevano servire per impressionare e terrorizzare la popolazione,
che, nonostante la repressione, continuava a sostenere i banditi,
così venivano chiamati i ribelli che si opponevano alloccupazione
nazista del territorio.
Lesposizione dei corpi in funzione di monito aveva un preciso
obbiettivo: generare paura. A Milano, a Piazzale Loreto, il 10
agosto 1944 furono uccisi 15 partigiani e i corpi esposti alla
gente che passava nel caldo torrido di quei giorni estivi.
Vicino a noi ci fu leccidio di via Ghega. Il 23 aprile
1944 i nazisti, per rispondere ad un attentato alla mensa della
Casa del soldato dove erano morti 4 militari tedeschi, prelevarono
dal carcere del Coroneo di Trieste 51 prigionieri e li impiccarono
alle balaustre della scalinata del palazzo Rittmeyer, oggi sede
del Conservatorio Tartini, lasciando i corpi appesi per cinque
giorni.
Lesposizione dei cadaveri doveva avere un effetto deterrente
sulla gente stremata dal conflitto ed era una misura estrema,
adottata perché la repressione, il carcere e la tortura
non bastavano. Non bastava lIspettorato Speciale di PS
con le sue sedi dislocate nei commissariati del territorio occupato
e con le sue Ville Tristi, non bastava la Caserma Piave di Palamanova
dove i partigiani e le donne catturate, come Giovanna Iurissevich,
Fiumana , Silvio Marcuzzi Montes, comandante
della Intendenza più grande dItalia e centinaia
di altri combattenti venivano torturati, uccisi e gettati nei
fossi. A Pordenone Terzo Drusin, il partigiano Alberto
di Manzano venne torturato e costretto a girare nei paesi dalla
brigata nera di Angelo Leschiutta, picchiato con il calcio dei
fucili, spinto a forza nelle osterie per denunciare i collaboratori,
e poi gettato nel fiume Livenza ; non bastò la Risiera
di San Sabba e i suoi oltre 3000 morti, partigiani e antifascisti
italiani e sloveni, oltre a 50 ebrei, per spegnere la lotta.
A Cividale non fu sufficiente quanto accadde alla Caserma Principe
Umberto in cui era insediato il Comando tedesco. Qui nel camps
des verzis furono uccise oltre 100 persone dopo averle costrette
a scavarsi una fossa. Erano partigiani, antifascisti, militari,
spesso denunciati da collaborazionisti del luogo e di cui ancora
oggi di tutti non si conosce lidentità.
Il massacro di Cividale è ricordato come le Fosse del
Natisone e venne perpetrato di nascosto, i corpi seppelliti nelle
fosse comuni come successe a Roma, alle Fosse Ardeatine il 24
marzo 1944 quando furono uccise 335 persone per rappresaglia
per lattentato di via Rasella e occultati in quelle cave.
Corpi nascosti o corpi esposti per vendetta e desiderio di creare
terrore.
Laddove la
lotta fu più intensa maggiore fu la repressione, secondo
i metodi che i Tedeschi usarono in Polonia agli ordini di Odilo
Globocnik, mandato poi alla Risiera perché forte di quellesperienza
di massacri.
Non furono le città la maggiore preoccupazione dei nazisti.
In città cerano le truppe di occupazione, le strutture
militari e di controllo. Era nei luoghi più piccoli, come
Cividale, crocevia delle vie di comunicazione e dei trasporti,
circondati da alture e da boschi che i tedeschi commisero le
peggiori atrocità.
E non vi è dubbio che Cividale e lintero territorio
oppose una dura Resistenza ai nazifascisti, testimoniata dallalto
numero delle vittime complessive e dei deportati nei lager di
sterminio.
Come ricorda lo storico Angelo Ventrone La consapevolezza
dellaumento numerico e delle crescenti capacità
offensive e di coordinamento dei partigiani portò i tedeschi
a ricorrere a mezzi sempre più brutali di repressione.
In aprile furono diramate queste direttive: «Contro le
bande si agirà con azioni pianificate ... In caso di attacco,
aprire immediatamente il fuoco, senza curarsi di eventuali passanti
... Data la situazione attuale, un intervento troppo deciso non
sarà mai causa di punizione». Altre disposizioni
incitavano a usare la «massima asprezza» in caso
di attacchi, ad arrestare tutti i civili che si trovavano nei
pressi e persino a incendiare le case dei responsabili. Analoghe
indicazioni erano date alle formazioni fasciste che dovevano
«perseguitare il nemico finché è morto»
e «agire con la massima durezza tanto contro i banditi
quanto contro coloro che li aiutano. Lo stesso Mussolini aveva
invitato a passare «immediatamente per le armi» i
partigiani catturati nei combattimenti e gli sbandati trovati
con le armi in pugno; quelli non armati, invece, dovevano essere
inviati in Germania.
Alla
base della scelta resistenziale, ci furono motivazioni molto
differenziate: i partigiani avevano diverse idee politiche, molti
le idee le maturarono nella lotta. Per molte donne, contò
lavversione verso il fascismo, un regime che aveva ostacolato
la loro emancipazione. Allattività delle bande partigiane
parteciparono anche gruppi di ex-prigionieri alleati, resistenti
jugoslavi, soldati cechi e sovietici, e persino un certo numero
di disertori tedeschi, a dimostrazione di quanto la lotta ebbe
caratteri sovranazionali, come era successo nella guerra di Spagna
e come successe nella Resistenza in Francia.
Leggendo i nomi dei caduti di Cividale vediamo che nella stragrande
maggioranza dei casi si trattava di operai, contadini, calzolai,
artigiani, gente del popolo che non ne poteva più dei
soprusi e della violenza dei fascisti. Violenza che si era manifestata
precocemente sin dalla fine della prima guerra mondiale nel tentativo
di ristabilire un comando rigido nelle fabbriche, dove le paghe
vennero diminuite e gli operai che manifestavano furono licenziati
e costretti ad emigrare. A Cividale furono condannati e processati
coloro che avevano organizzato nel 1932 gli scioperi allItacementi,
32 lavoratori di cui uno si suicidò non sopportando le
violenze subite negli interrogatori e un altro operaio morì
misteriosamente in carcere. Il fascismo era insopportabile per
gli sloveni per il divieto di parlare la lingua e la chiusura
di scuole e associazioni culturali. Contro gli sloveni e i croati
si scatenò un feroce fascismo razzista che considerava
gli Sciavi sotto uomini, di cultura inferire,
di costumi barbari e primitivi, ma razzismo si manifestò
anche con le leggi razziali contro gli ebrei e nella guerra coloniale
per la conquista dellImpero. Anche qui ci fu chi, come
Ilio Barontini, combattè a fianco dei partigiani etiopi.
Non possiamo dimenticare loccupazione della Jugoslavia,
la creazione di campi di detenzione a Rab /Arbe, dove furono
reclusi civili, donne, vecchi e bambini, e quelli italiani di
Gonars, Visco, Fossoli, Sdraussina, dove fu rinchiusa Ljubka
ciorli, moglie di Lojze Bratu, maestro di coro cattolico,
ucciso a Gorizia nel 1937, perchè costretto ad ingerire
olio di ricino mescolato con pezzi di vetro.
Questo è
il contesto in cui erano vissuti coloro che dopo l8 settembre
decisero di mettersi in gioco contro il nazifascismo. Lo fecero
comprendendo che i loro compagni erano proprio coloro che erano
disprezzati dal fascismo. Ricordiamo che già nel 1942
Mario Fantini Sasso, comandante della Divisione Garibaldi
Natisone, la più grande formazione partigiana italiana
con oltre 5000 combattenti e il cognato Mario Modotti Tribuno
comandante della Brigata unificata Ippolito Nievo A si incontrarono
con Rodolfo Terpin a Vipole (Vipulzano) per prendere contatti
con la Resistenza slovena. Ce lo racconta Jadran Terpin, fratello
di Stojan, 19 anni, uno degli 8 fucilati di Cividale. Sasso e
Tribuno iniziarono a collaborare con gli sloveni con il Soccorso
Rosso, portando vestiti, sigarette e medicinali per le famiglie
degli antifascisti dai paesi della cosiddetta Bisiacheria.
Non sapevano una parola di sloveno, non erano iscritti al partito
comunista, ma erano due persone simpatiche, come riferisce Jadran.
Sappiamo quale fu la durezza della lotta, in cui combattè
Sasso: i rastrellamenti tedeschi sul Collio, losteria di
Petenel data alla fiamme nel maggio del 1944, i paesi incendiati,
la deportazione, la fine della zona libera del Friuli Orientale
nellestate del 1944, larrivo dei cosacchi e il loro
insediamento in Carnia e a Cividale e le violenze contro le donne
di cui questo combattenti si resero responsabili.
Cè
unidea che è molto utile oggi: quella di memoria
attiva. La memoria attiva non è la semplice celebrazione
di uomini e donne e di periodi che ormai con il presente non
centrano nulla. Memoria attiva vuol dire riflessione sul
passato, confronto per verificare quanto oggi del passato rimane
attuale e quanto è irrimediabilmente da consegnare alla
storia. Linsegnamento più grande che ci rimane della
lotta partigiana e del sacrificio dei ragazzi e delle ragazze
che vi parteciparono è il grande coraggio, la consapevolezza
che ci si libera da soli se si vuole conquistare davvero la libertà.
Questi ragazzi e ragazze avrebbero potuto stare a casa, far parte
di quella grande fascia grigia che non prendeva posizione, che
non si schierava per amor di quieto vivere o perché, come
si dice, teneva famiglia. Avrebbero potuto aspettare larrivo
degli Alleati, senza far nulla, cercando di barcamenarsi sino
alla fine della guerra. Ma il peso della mancanza di libertà,
del razzismo, della impossibilità di esprimere le proprie
idee senza finire in carcere, il rifiuto della discriminazione,
della retorica del regime, della miseria li avevano messi in
marcia.
Un altro insegnamento ci viene da quella lotta: il crollo dello
Stato dopo l8 settembre, la fuga del re e labbandono
dei militari senza ordini e protezioni, aveva messo in gravissima
crisi il concetto di patria. Lo stato come tutore degli interessi
generali aveva perso la sua credibilità. I partigiani
con la loro lotta portarono ad unaltra e più adeguata
concezione della nazione, conferirono con la loro lotta, onore
alla patria, non certo lo fecero i militi di Mussolini, subordinati
ai Tedeschi. Grazie alla Resistenza nacque la Costituzione che
diede una diversa visione dello Stato e dei diritti dei cittadini.
Ripudio della guerra, uguaglianza sociale, libertà di
espressione, funzione sociale dellimpresa furono i cardini
di una più avanzata vita civile, che noi abbiamo ereditato
e con la stessa determinazione e lo stesso coraggio dobbiamo
difendere.