Prendo oggi la
parola con lintensa emozione, che suscitano luoghi come
questi, dove sono state perpetrate sofferenza e dolore atroci,
ma dove sono state offerte le più convinte testimonianze
degli alti ideali di democrazia, giustizia e libertà sulle
quali si fonda la nostra Repubblica.
Dobbiamo ricordare e onorare sempre la memoria dei Martiri della
Libertà, di quei partigiani della Brigata Garibaldi Natisone,
barbaramente fucilati dai militari fascisti repubblichini del
5° Reggimento di Difesa Territoriale, allalba del 18
dicembre 1944 allingresso del campo sportivo di Cividale
del Friuli: Rodolfo Bastiani di anni 32 da Cormons, Stojan Terpin
di anni 19 da Vipole (Slovenia), Anton Marinic di anni
18 da Dobrovo (Slovenia), Franc Pahor di anni 28 di Opatje Selo
(Slovenia), Giacomo Impalà di anni 20 carabiniere da Santa
Lucia del Mela (ME) , Aldo Failutti di anni 21 da Saciletto,
Lodovico Puntin di anni 19 da Aquileia, nome di Battaglia Sam
e Severino Rocchetto di anni 19 da Palazzolo dello Stella.
Furono condannati a morte il 17 dicembre 1944 dal Tribunale tedesco
per la Sicurezza Pubblica di Trieste, dopo un processo farsa.
Per la medesima criminale sentenza, sempre il 18 dicembre, vennero
fucilati a Gemona anche Salvatore Caputo di anni 19 da Gradisca,
Aldo Del Mestre di anni 20 da Tarcento, Natale Marangon di anni
21 da Portodole, Sereno Maraldo di anni 20 da Meduno, Giovanni
Morassi di anni 21 e Angelo Sedita di anni 20.
Questi giovani erano semplici manovali, braccianti, operai, contadini
che seppero trasformarsi in eroi scegliendo di combattere per
un mondo migliore che non avevano mai potuto conoscere, ma solo
immaginare profeticamente. Non sappiamo nemmeno con esattezza
tutti i loro nomi, corrotti sin nel manifesto che ne proclama
la sentenza, perché in queste terre la guerra e la pulizia
etnica anti-slava fu combattuta dai fascisti anche con litalianizzazione
forzata dei nomi di luogo e di persona, oltre alla sciatteria
dei criminali che li fucilarono. Nel manifesto si legge infatti
Pachorini invece di Pahor, Antonio Marini invece di Anton Marinic,
Bontin invece di Puntin, Vipulzano invece di Vipole, Casteldobra
invece di Dobrovo. Tristemente, non abbiamo informazioni esatte
su dove furono fucilati alcuni di questi miseri giovani, né
dove esattamente si trovano i resti di ciascuno di loro.
Tale fu la ferocia e latrocità dei carnefici che
per giorni interi i loro corpi furono lasciati esposti per suscitare
paura e orrore presso le popolazioni.
Queste
scarne informazioni e la loro giovanissima età basterebbero
già quale commento per chi, come noi qui riuniti, sente
forte un debito di riconoscenza nei loro confronti. Lelenco
stesso dei loro nomi è già poesia!
Ma, chiedendo loro perdono spiritualmente, per la pochezza di
quanto potrò rievocare delle loro meravigliose storie
interrotte e perdute in questi luoghi, svolgerò qualche
ulteriore riflessione, perché lingiustizia della
loro morte prematura non sia stata inutile e possa sempre ispirarci.
La vendetta compiuta su questi partigiani fu così esplicita
perché doveva essere pubblica dimostrazione
della sorte di chi non collaborava, di chi non si omologava alla
logica aberrante del fascismo e del nazismo. Non fu ritenuta
infatti sufficientemente esplicita, da quei criminali, la diabolica
attività che per oltre tre anni, certamente dallottobre
del 1942 ai primi di maggio del 1945, si svolse presso la caserma
Principe di Piemonte, poi caserma Francescatto
intitolata a quel povero alpino che perse la vita per le assurde
brame imperialiste italiane in Grecia ed Albania. La caserma
dove ci troviamo fu infatti luogo di detenzione brutale, di tortura
feroce e di spietato omicidio soprattutto per tutti i venti mesi
nei quali queste terre fecero parte del Terzo Reich, con la denominazione
di Operationszone Adriatisches Küstenland. In un crescendo
di rastrellamenti di partigiani e di civili, di violenze inaudite,
questa caserma e la sponda del Natisone qui vicina furono teatro
di fucilazioni che andarono avanti sino agli ultimi giorni della
guerra. Si stima che oltre un centinaio furono le vittime, uomini
e donne, tutte degne del ricordo più glorioso, molte di
queste qui furono private oltre che della giovinezza anche del
nome, massacrate a fucilate e alle volte finite addirittura
con grossi massi di pietra. La prima vittima registrata fu il
partigiano Antonio Rieppi di 24 anni il 2 ottobre del 1943, lultima
Aloisio Zorzi di anni 22 anni il 30 aprile del 1945, altri nomi,
pochissimi rispetto al numero dei corpi, sono Angelo Alpassi,
Guerrino Bini, Emilio Cicuttini, Mario De Faccio, Lorenzo Della
Pietra, Alcide Deslizzi, Provino Flocco, Domenico Gerini, Eugenio
Gregoratti, Carlo Gregoris, Michele Islochi, Antonio Martinelli,
Valentino Menig, Bruno Passon, Maria Peressin, Polzkin Guglielmo,
Paracino Erasmo, Italico Tempo. E centinaia di altri uomini e
donne uscirono invece da questa caserma per essere deportati
nei campi di sterminio, diabolicamente chiamati campi di lavoro,
dove le calorie di cibo somministrato erano calcolate esattissimamente
perché morissero entro i mesi pianificati, per lasciare
spazio ad altri.
Qui, come altrove in quegli anni, non vi fu rispetto dei più
fondamentali diritti umani né la parvenza di processi.
I loro corpi vennero sepolti sommariamente lungo uno dei
muri perimetrali della caserma o semplicemente fatti sparire.
Riporta una testimonianza.
Dopo la Liberazione furono esumati un grande numero di resti,
spesso difficili da ricomporre, forse centocinque salme di Partigiani,
soldati e civili fucilati, pochissimi dei quali identificati.
Si trovarono inoltre una ventina di militari tedeschi, calmucchi,
turcomanni e cosacchi probabilmente disertori, catturati nel
corso di rastrellamenti. Appartenevano ai battaglioni che si
erano uniti ai nazisti contro lesercito sovietico, espressione
di quei nazionalismi guerrieri ancora forti allora negli stati
dellUnione Sovietica, che furono stanziati in queste terre
divenute Kosakenland in seguito alloperazione Ataman.
Non si conosce, neppure in modo approssimativo, però il
numero complessivo delle vittime, come non lo si conosce per
la Risiera di San Sabba e per altre stragi perpetrate nella nostra
regione, come quelle presso la Caserma Piave a Palmanova.
A questi luoghi, naturalmente meravigliosi sfregiati però
dalla ferocia umana, oggi ci si riferisce come Fosse del
Natisone e come disse emblematicamente uno degli oratori
che hanno svolto lorazione negli anni scorsi, costituiscono
dei non-luoghi della memoria, perché oggi non presentano
quasi più le tracce di quel tremendo passato.
I materiali storici sono limitatissimi, perché tutti gli
archivi, ancorché compilati con diabolica meticolosità
dai nazisti, furono da loro distrutti prima di abbandonare la
caserma. E forse volutamente i documenti rimasti e quelli prodotti
successivamente non furono mai troppo espliciti, visto lalto
numero di collaborazionisti, e delatori vigliacchi che resero
possibili questi eccidi con tanta regolarità. Non per
questo però si devono accettare le ricostruzioni storiche
delle motivazioni di crimini come quello che oggi commemoriamo,
che definiti semplicisticamente come rappresaglie, tanto hanno
condizionato nel dopoguerra la lettura della Lotta di Liberazione.
Parlare di rappresaglia nel descrivere queste stragi a mio avviso
è fuorviante.
Le forze naziste che amministravano, anche la giustizia, nellAdriatisches
Küstenland erano guidate infatti da figure come Odilo Lotario
Globocnik che venivano da operazioni nei territori della Polonia
orientale e della Bielorussia, dove i nazisti avevano perpetrato
sistematicamente e ferocemente la guerra contro i civili. Globocnik
aveva addirittura ultimato la costruzione e poi diretto i campi
di sterminio di Sobibor e Treblinka.
Eccidi come questi non furono infatti rappresaglie, ma esempi
di sistematica guerra contro i civili.
La guerra contro i civili fu una modalità di controllo
del territorio tipica del fascismo prima e del nazismo poi. Nasceva
proprio da quella distopia totalitaristica fondata su disvalori
razziali e il disprezzo delle diversità e dei diritti
umani. Vanno ricordate, per condannarle, le operazioni di pulizia
etnica anti-slava e di italianizzazione forzata condotte in queste
terre sin dagli anni 20 con la chiusura di tutte le scuole
di insegnamento slovene e le associazioni culturali slovene,
e successivamente negli anni 30 le azioni militari italiane
in Etiopia e in Spagna. Ricordo come, in qualità di Sindaco
di Udine, città che aderisce allassociazione Mayors
for Peace (Sindaci per la Pace) e il cui presidente è
il Sindaco di Hiroshima, un giorno incontrai il suo vicepresidente.
Era uno spagnolo, sindaco della città catalana di Granollers.
Gli chiesi cosa lavesse spinto ad un ruolo così
preminente nellassociazione. Mi disse che la sua città
subì uno dei primi bombardamenti contro obiettivi puramente
civili della storia, quello compiuto dallaviazione fascista
che il 31 maggio del 1938 distrusse la città provocando
oltre 250 morti. Ma non dobbiamo dimenticare inoltre le operazioni
criminali contro i civili che i fascisti perpetrarono in Slovenia
durante la guerra, culminati con i rastrellamenti di Lubiana
e le successive deportazioni di civili nel 1942.
La feroce barbarie di vicende come quelle che commemoriamo oggi,
derivano proprio da questa modalità nazi-fascista di controllo
del territorio: la guerra contro i civili. Ma come
può nascere una simile aberrazione?
Questa modalità nasce proprio dalla visione ideologica
del nazi-fascismo, che si nutre e si irrobustisce attraverso
leducazione allodio, alla discriminazione, al razzismo
e costruisce la sua forza nellaccecamento del popolo attraverso
lindividuazione di capri espiatori dei quali provare paura,
alimentando gli istinti più bassi, impedendo qualsiasi
ricorso al ragionamento. Il fascismo si concreta attraverso la
promozione della paura, del rancore e della cattiveria contro
i potenziali diversi.
Il 18 settembre 1938, ottantanni fa, il totalitarismo fascista
promulgò a Trieste, le leggi razziali. È uno dei
capitoli più vergognosi della storia dItalia, perché
la reazione contraria dellopinione pubblica italiana fu
debolissima. Quella promulgazione invece riempì di folla
Piazza Unità dItalia a Trieste, e alimentò
lentusiasmo delle masse, che poterono finalmente sfogare
il proprio antisemitismo, dopo anni di sistematica educazione
allodio e di annebbiamento dei valori civili, con cui il
populismo fascista le aveva cementate.
Oggi queste leggi ci paiono odiose, ma ci dimentichiamo che sono
state la naturale conclusione di un percorso di promozione di
sottocultura, di disvalori, di falsità propagandate con
lo scopo di creare muri, distanze, differenze tra la massa del
noi e la massa degli altri. Altri
che devono essere cacciati o eliminati, perché non hanno
il diritto alla nostra terra. Laltro
se è diverso per come parla, per come pensa, per come
si comporta, non ha valore, non conta, è il nemico da
eliminare, per il solo fatto che esiste. Da questa visione discendono
tutti i crimini contro i civili commessi dai nazifascisti, dalle
discriminazioni e i confinamenti, fino ai rastrellamenti, alle
deportazioni e le esecuzioni sommarie che oggi ricordiamo.
Per questi motivi, che derivano da riflessioni di cosiddetta
storia delle idee, ritengo che parlare di rappresaglie
in una guerra civile riferendosi a fatti come quelli che
oggi ricordiamo, sia banalizzante e fuorviante.
Dobbiamo invece stigmatizzare e imparare a riconoscere i segnali
deboli di questo tipo di dinamiche sociali e smontarle sul nascere,
perché il fascismo è sempre in agguato, pronto
a ritrovare fascino tra chi governa, ma prima ancora tra chi
è governato. Piero Gobetti nel 1922, allindomani
della Marcia su Roma disse Questa non è una rivoluzione,
ma una rivelazione degli antichi mali dItalia.
E con preoccupazione stiamo vivendo oggi una deriva morale a
livello planetario, che rende possibile il risorgere di questi
modelli di pensiero, ma che dobbiamo scongiurare.
Lo scorso 10 dicembre sono stati festeggiati i 70 anni della
promulgazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dellUomo,
che suggella valori quali le pari opportunità, le libertà,
luniversalità dei servizi: non quindi diritti individuali
se non nella misura nei quali possono, anzi devono, essere universali.
Oggi assistiamo invece spesso a prepotenze, spacciate come diritti,
che nascondono interessi particolari. Questi non sono diritti
universali bensì proprio il loro opposto, sono bullismi
individuali. Anche i fascisti e i mafiosi hanno una loro nozione
di legalità, spesso imposta con ancora più determinazione
di quelle negli stati democratici, ma è ingiusta perché
non è universale. I diritti universali sono giusti proprio
perché sono per tutti e di tutti, senza discriminazione.
Questa nostra grande epoca come beffardamente Karl
Kraus chiamava già la sua un secolo fa, che potrebbe essere
piena di opportunità, è invece devastata da crescenti
disparità, che alla fine finiscono per penalizzare gli
stessi privilegiati, oltre a schiacciare ingiustamente gli svantaggiati.
Ma la risposta non può essere il populismo di una massa
accecata e mistificata, che ha rinunciato al pensiero. Lequità
è il primo valore antifascista, il benessere o è
per tutti oppure non è. La diversità è
un valore, anzi è forse il solo valore che permette di
comprendere noi stessi, per confronto, e di crescere nella consapevolezza
dello sterminato significato della parola umanità,
immedesimandoci nello sguardo degli innumerevoli altri.
La risposta fascista è una non-risposta. Non è
utopia, bensì la distopia dellomologazione e della
conseguente sopraffazione ed eliminazione dei diversi, dei più
deboli e delle minoranze, fondata, anzi, sulla criminalizzazione
dei diversi, sulla loro trasformazione in capri espiatori di
tutti i nostri mali.
Per questi motivi, con viva preoccupazione assisto negli ultimi
mesi, anche qui in Italia e in Regione al crescere di un pensiero
che definirei di esclusione dellaltro invece che di un
più solidale pensiero inclusivo. Il tema dei migranti
e dei richiedenti asilo, va affrontato con una prospettiva completamente
diversa da quella sin qui promossa da tante parti. Come Sindaco
di Udine ogni 25 aprile invitavo i cittadini in Piazza Libertà
a fare di tutto il pianeta la nostra patria, di fronte al dramma
dei mutamenti climatici e del riscaldamento globale dovuto al
consumo indiscriminato di risorse ambientali e fossili, che tante
miserie e sofferenze provoca. Come sonnambuli invece abbiamo
ormai superato il punto del non-ritorno, ma non vogliamo accettarne
le conseguenze.
Oggi, purtroppo, in questa Regione tutti i cittadini sono dichiarati
uguali, purché abbiano più di 5 anni di residenza.
Misure come queste non placano il rancore, ma generano guerre
tra poveri. I mutamenti demografici non devono trasformare lEuropa
e lItalia in una fortezza. Così come milioni di
Italiani, come decine di milioni di europei, un secolo fa emigrarono
dallEuropa, così oggi dobbiamo guardare a chi viene
dallAsia centrale, dal Vicino Oriente, dallAfrica
come migranti provocati soprattutto dalle devastazioni ambientali
figlie di un colonialismo che non si può cancellare e
dai processi economici globali che ne sono gli eredi. Queste
sono dinamiche delle quali siamo tutti corresponsabili per i
nostri stili di vita. I migranti vanno visti invece come una
grande opportunità di emancipazione e progresso per il
nostro paese, se si promuove una politica di inclusione culturale.
È notizia di qualche mese fa che questanno le ragazzine
tredicenni in Italia sono tante quante le donne di 83 e che gli
italiani che hanno meno di 30 anni sono tanti quanti quelli che
ne hanno più di 60. Abbiamo bisogno degli immigrati! Chi
viene nel nostro paese a cercare lavoro non va solamente sfruttato
come badanti nelle case di riposo, come braccianti nei campi
di pomodori, come operai nei cantieri va invece integrato con
le sue famiglie, perché vuole contribuire alla crescita
del nostro paese, che poi è sarà anche il suo.
Purtroppo, sia a livello regionale che a livello nazionale vedo
invece prevalere lo spirito del muro che discrimina rispetto
ai ponti del dialogo. Nella nostra regione la decisione che ha
portato ad aumentare a 5 anni, rispetto ai precedenti 2, la possibilità
di accedere a misure di sostegno sociale da parte dei nostri
cittadini è un messaggio di intolleranza, solidificato
in legge, tremendo. È un messaggio di chiusura e di rifiuto.
La rapidità con la quale lente Regione ha voluto
uscire dalle reti antidiscriminazione ed antiomofobia è
un altro messaggio di rifiuto dei diversi. Sono decisioni che
vanno contro i diritti universali delluomo, così
come contro lArticolo 3 della Costituzione Italiana, che
garantisce a tutti la rimozione degli ostacoli che permettono
la piena realizzazione della propria personalità.
Non posso non discutere al riguardo anche il senso dellultimo
decreto sicurezza approvato dal governo. Di un governo che ha
trasformato le criticità dellimmigrazione nel suo
più potente strumento di propaganda, promuovendo la paura
e lostilità. Con questo decreto il governo ha eliminato
gli strumenti di accoglienza inclusiva per privilegiare laccoglienza
concentrazionaria, rischiando, non so quanto consapevolmente,
di esasperare le tensioni e la conflittualità nella gestione
di tali dinamiche. Creerà molti nuovi irregolari che saranno
lavoratori molto più facili da sfruttare, perché
invisibili e senza alcun diritto. Questo decreto nega infatti
ad alcune categorie di cittadini i principi di uguaglianza e
solidarietà che sono alla base della nostra Costituzione
sopprimendo il diritto alliscrizione anagrafica, ed escludendoli
dal servizio sanitario nazionale.
Questo decreto è repressivo di fatto anche nei confronti
degli italiani, rendendo reato tante strategie di non violenza
attiva, e di assembramento, imponendo i cosiddetti daspo
e gli sgomberi indiscriminati.
Preoccupano le recenti manifestazioni di violenza fascista, come
lasporto delle pietre dinciampo a Roma, e gli assalti
di Forza Nuova alle sedi dellANPI, così come i tanti
sdoganamenti politici di una destra che si muove sul filo del
rasoio del divieto Costituzionale di apologia di fascismo. Sono
figli della facilità con la quale anche ai massimi livelli
politici ormai si predichi impuniti lodio, dopo aver predicato
la paura e il rancore. La cattiveria e la politica che la sfrutta,
caratterizzano oggi il nostro paese, rileva il CENSIS. Esemplari
per ferocia sono state nei mesi scorsi certe scelte di governo
che hanno obbligato le navi che avevano raccolto naufraghi nel
Mediterraneo a lunghe peregrinazioni nei nostri porti o nelle
nostre acque nellinutile tentativo di poterli sbarcare.
Se ci si abitua allindifferenza di fronte alla barbarie,
alla fine non ci si può non considerare dei complici.
Il significato più profondo che oggi assumono luoghi come
le Fosse del Natisone è quello di simbolo della superiorità
del pensiero resistenziale dei partigiani rispetto a quello fascista.
Falsi storici quali la fossa di Premariacco fatti circolare per
bilanciare lorrore delle vere Fosse qui presso il Natisone,
non devono distoglierci, vanno semplicemente condannati.
Come sindaco di Udine in passato, e oggi nel mio ruolo politico
attuale, lantifascismo è per me la stella polare,
che mi guida e ha guidato in situazioni anche difficili nella
difesa dei diritti umani come sono sanciti dalla nostra Costituzione
nata dalla Resistenza. Come nella vicenda di Eluana Englaro era
in gioco lArticolo 32 della Costituzione che sancisce il
diritto di rifiutare le cure, quando queste non rispettano la
persona umana, così lArticolo 3 ci ha guidato sia
nel dare pari dignità alle unioni tra cittadini dello
stesso sesso e alle loro famiglie sia nel non discriminare tra
cittadini sulla base degli anni di residenza. Infine, lArticolo
10 deve essere posto alla base dellaccoglienza dei richiedenti
asilo.
Ringrazio LANPI per lincessante attività di
diffusione culturale dei più alti valori di solidarietà
e di democrazia. Solamente questa cultura antifascista può
metterci al riparo dello (
e qui voglio usare una parola
trovata nelle carte, che ho studiato per preparare la descrizione
dei fatti di oggi, su un santino funebre composto dai familiari
del partigiano Guerrino Bini di anni 24 di Buttrio, fucilato
sulle sponde del Natisone il 10 aprile 1945, perché mi
sembra carica di senso nella sua semplicità, ma anche
nella sua fermezza
) solamente, quindi, la cultura antifascista
può metterci al riparo da quello sgoverno che speriamo
non debba mai più guidare la nostra Patria.
Ringrazio ancora una volta gli otto partigiani e tutti gli altri
centocinque, i cui corpi senza nomi giacciono così vicino
a noi, ricordando le parole di Luciano Pradolin Goffredo
di anni 23 da Tramonti di Sopra, fucilato nei pressi del cimitero
di Udine il 10 febbraio 1945. Queste parole mi hanno fatto comprendere
molto della storia del nostro paese. Così si rivolge alla
sorella la notte prima della fucilazione: Tutte le speranze
sono svanite. Come vedi questa è la sorte di quelli che
hanno unidea. Ma è proprio fatale che tutti coloro
che hanno un ideale debbano fare questa fine? E si dà
una risposta citando un verso della poesia di Giacomo Leopardi
Nelle nozze della Sorella Paolina: O miseri o codardi figlioli
avrai, miseri eleggi! Immenso tra fortuna e valor dissidio pose
il corrotto costume!.
La loro morte non sarà stata inutile solamente se noi,
come cittadini di questa Repubblica democratica, sapremo difendere
gli ideali di solidarietà, di libertà di eguaglianza
e di dialogo per cui i partigiani hanno dato la vita. Solamente
se sapremo colmare il dissidio tra fortuna e valor
contrastando il corrotto costume.
Viva la Resistenza!
Viva la Repubblica italiana nata da essa!
Vivano immortali gli 8 fucilati alle prime luci dellalba
del 18 dicembre 1944 presso il campo sportivo di Cividale del
Friuli!